Daniela Di Castro (1958-2010)

Esponenti del mondo della cultura e della politica, autorità, leader ebraici italiani, molti appartenenti alla Comunità romana e numerosi comuni cittadini porgono in queste ore l’estremo, commosso saluto a Daniela Di Castro, insigne studiosa di storia e di arte e direttrice del Museo ebraico di Roma. Nei prossimi giorni sarà necessaria una valutazione sul valore del lavoro compiuto da Daniela (i lettori che lo desiderano possono inviare una propria testimonianza a questo indirizzo: info@ucei.it). Unendosi al dolore dei suoi cari e di tanti amici, la redazione del Portale dell’ebraismo italiano, del notiziario quotidiano l’Unione informa e del giornale dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche (cui Daniela non ha mai fatto mancare il proprio consiglio prezioso) si inchina di fronte alla figura di una studiosa che ha fatto crescere e non ha sminuito, ha onorato e non ha preteso onori, ha donato e non ha domandato, ha unito e non ha diviso. Ha amato la propria identità e la propria città.
Ma al di là degli omaggi formali, leggere la sua ultima intervista, rilasciata a Pagine Ebraiche solo poche settimane fa, consente con l’aiuto delle sue parole e del patrimonio delle sue idee e delle sue esperienze di guardare ai valori che gli ebrei italiani hanno il dovere di tutelare, misurare la strada compiuta in questi ultimi anni e le sfide che è necessario raccogliere. Il vuoto che lascia è incolmabile, ma la sua lezione resta indimenticabile. Che il suo ricordo sia di benedizione agli ebrei di Roma e alla loro cultura plurimillenaria e di sostegno alla minoranza ebraica in Italia.

Gli argenti danzano come farfalle


Daniela Di Castro. La prima reazione è di sorpresa. Chi varca la soglia del Museo ebraico di Roma di solito rimane per un attimo senza fiato. Difficile infatti immaginare dall’esterno quello scenario fitto di vita, luci e colori, soprattutto se si arriva qui controvoglia: solo perché si tratta di una tappa obbligata per poter visitare la spettacolare Sinagoga affacciata sul Tevere. Ma basta poco e anche il visitatore più riottoso si lascia conquistare dalla grande bellezza degli oggetti in mostra e da un’idea nuova di museo. “Il fattore sorpresa è la nostra forza”, sorride il direttore Daniela Di Castro. “Le persone si aspettano di solito uno spazio vecchiotto, con qualche ritaglio e una manciata di foto d’epoca. Ma una volta qui lo riconoscono come un grande museo ebraico, un grande museo romano e un grande museo di arti decorative”.
Cinquantun anni, Daniela Di Castro è alla guida del Museo dal 2005, anno in cui la struttura è stata riallestita conquistando un ruolo tutto nuovo. Già docente di Storia delle arti decorative e industriali all’università La Sapienza di Roma e di Storia dell’arte ebraica al Collegio rabbinico romano, autrice di numerosi studi e curatrice di mostre di successo ha un curriculum di tutto rispetto che annovera numerose collaborazioni con le Soprintendenze, con Claudio Strinati a Roma e Nicola Spinosa a Napoli, oltre che esperienze all’estero tra cui al Victoria and Albert Museum di Londra. Con questo bagaglio culturale ha accompagnato la complessa gestazione della nuova realtà e oggi, con entusiasmo e professionalità, continua ad impegnarsi per un dialogo sempre più serrato con il suo pubblico. Senza disdegnare a questo scopo formule quali le lezioni di restauro per i piccolissimi o le cacce al tesoro nei panni di Indiana Jews. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, tanto che un anno fa le è stato conferito il titolo onorifico di Ambasciatore di Roma nel mondo. Il Museo della Capitale conta infatti oltre 74 mila visitatori l’anno che ne fanno la struttura più frequentata del panorama ebraico italiano. Ma soprattutto, ci tiene a sottolineare il direttore, la Comunità ebraica romana si è riappropriata del suo Museo. Lo riconosce come parte centrale della sua storia, si identifica con i suoi oggetti e lo frequenta con grande affetto.
Daniela Di Castro, come nasce il nuovo corso del Museo ebraico di Roma?
Con il riallestimento. Cinque anni fa abbiamo traslocato dal piano superiore al seminterrato dove ci troviamo ora, passando da 160 a 700 metri quadri. All’inizio ci siamo limitati a portare giù le vecchie vetrine e a qualche lavoro assolutamente necessario. Poi, grazie ai contributi della Regione Lazio, della Provincia di Roma e di alcuni privati siamo riusciti a rinnovare l’esposizione mentre il sostegno del Comune di Roma ci ha consentito di realizzare la galleria dei marmi che all’ingresso propone una serie di frammenti di antiche lapidi prima situate all’aperto. Siamo inoltre riusciti a mettere in atto una serie di misure tecniche, tra cui le luci a led o il controllo climatico e dell’umidità, a protezione delle nostre collezioni.
Per quanto bella una sede non basta però da sola a richiamare il grande pubblico.
Un museo deve custodire e trasmettere alle generazioni successive il patrimonio di cui dispone. Al tempo stesso la sfida è quella di lavorare all’interpretazione delle collezioni così da tradurle in esperienze culturali, intellettuali, estetiche o formative per un pubblico più ampio possibile. Gli oggetti da soli non parlano.
Lo dimostra il fatto che quelli in mostra sono gli stessi di cinque anni fa, quando il Museo aveva un numero diverso di visite.
Infatti. Nel riallestimento abbiano cercato di capire, oggetto per oggetto, di che cosa si trattava: chi l’aveva fatto, come, quando e con che tecniche. Abbiamo ripercorso così tutta la catalogazione e, sulla base di queste informazioni, nella mostra abbiamo arricchito le spiegazioni con rimandi ai significati più ampi, così da renderla fruibile a un maggior numero di persone.
E la chiave per interpretare la collezione?
Il Museo ebraico di Roma possiede pezzi magnifici, unici al mondo. Penso ad esempio alle 12 coppie di rimonim del Seicento o alla nostra guardaroba composta di 900 tessuti. Per gli ebrei di Roma sono pezzi di straordinaria importanza perché dopo il rogo del Talmud ordinato dal Papa nel 1553 del Papa la Comunità, prima molto colta, ha potuto tramandare il suo ebraismo solo attraverso il fasto e il rito. Si spiega così la ricchezza di tanti oggetti, inaudita per altri centri italiani. Abbiamo dunque scelto il fasto, uno dei nostri collanti, uno dei modi in cui siamo sopravvissuti, per caratterizzare il Museo. Per questo non abbiamo ad esempio selezionato i tanti oggetti di maggior pregio, ma li abbiamo esposti in modo che dialogassero l’uno con l’altro.
Gli ebrei romani hanno apprezzato?
Molto. Nel nuovo allestimento abbiamo cercato di sottolineare il valore famigliare delle opere e lo facciamo anche nei laboratori. E’ stato un grande successo e uno dei risultati migliori che abbiamo ottenuto. Gli ebrei romani si sono reidentificati in questi oggetti e spesso li vediamo portare qui i figli e i nipoti ad ammirarli. In un certo senso il fasto continua ad essere un motivo d’identità: ancora oggi, ad esempio, quando a Roma si va alla Sinagoga per le feste ci si aspetta di vedere quel rimon o quel meil antico consegnato per l’occasione dal Museo.
Le collezioni così continuano a vivere.
L’obiettivo è proprio questo. Ogni anno a Simchat Torah consegniamo ad esempio alle sinagoghe molti oggetti tra cui due coppie di rimonim settecenteschi. Rimangono nell’Aron perché non si può metterli a repentaglio scuotendoli nei giri della Torah. Ogni volta sono terrorizzata che possa accadere qualcosa. Ma come dice Leo Pavlat, direttore dello storico Museo ebraico di Praga dove i nazisti convogliarono una gran mole di oggetti per creare il museo della razza estinta, i miei rimonim sono farfalle che danzano su un prato: i suoi farfalle infilzate al muro da uno spillone.
Progetti per il futuro del Museo?
In questo momento siamo impegnati, grazie a un finanziamento regionale, nell’adeguamento del materiale didattico. Al tempo stesso abbiamo iniziato a lavorare per valorizzare l’edificio in cui ci troviamo.
Un edificio notissimo anche all’estero.
Noto ma poco conosciuto. Stiamo dunque predisponendo dei pannelli esterni e cercando di rendere più attrattivo il giardino delle piante bibliche. Il sogno è di riuscire ad attrezzarlo. Intanto abbiamo ricevuto in dono dal gallerista Ermanno Tedeschi, che da tempo collabora con noi anche come Presidente della Fondazione Elio Toaff per la cultura ebraica a Roma, una bella scultura di David Gerstein che potrebbe trovare posto proprio lì.
La prossima mostra in cantiere?
Il 4 maggio inaugureremo una grande mostra dedicata a rav Elio Toaff in onore dei suoi 95 anni. La Comunità ebraica romana ha aderito con vero entusiasmo alla raccolta dei materiali che illustreranno il percorso di questo protagonista d’eccezione della nostra storia che è riuscito a raccogliere una Comunità a pezzi dopo la guerra riportandola a nuova vita.

Daniele Gross, Pagine Ebraiche, aprile 2010

Il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Renzo Gattegna e il Consiglio si stringono con affetto al marito Giacomo Moscati, ai figli Guido e Federico e alla famiglia Di Castro, nel dolore per la prematura scomparsa di Daniela Di Castro, ricordandone la grande competenza, l’impegno personale e l’impareggiabile opera svolta per la tutela del patrimonio artistico o culturale dell’ebraismo italiano.
Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

Il suo più grande merito è stato quello di rifondare il Museo ebraico, che compie in questi giorni 50 anni, facendolo diventare un’eccellenza sia nel gradimento della gente sia nella sua capacità espositiva. Un carattere forte che con la sua autorità culturale era capace anche nei momenti di dissenso di convincere della giustezza delle sue scelte. Debbo dire che alla fine ha sempre avuto ragione e ne abbiamo raccolto tutti i meriti. Ha trasformato il Museo ebraico non in un luogo polveroso ma di grande accoglienza, a tal punto che nelle grandi occasioni abbiamo usato il Museo stesso anche per eventi ‘mondani’ per cene e piccoli convegni. Una donna che ha fatto del Museo il biglietto da visita della Comunità. Non c’era personaggio istituzionale, politico o religioso che non passasse per il museo. Come a dire, questa è la nostra storia, ecco da dove veniamo. E’ sempre stato il primo punto di approccio alla nostra Comunità. I suoi ultimi impegni: il raduno di tutti i direttori dei musei ebraici di Europa, i 50 anni del Museo di Roma e una mostra a New York saranno i nostri impegni.
Riccardo Pacifici, presidente della Comunità Ebraica di Roma

Lei diceva “gli oggetti devono essere più di uno per tipo, così si parlano” e io subito la immaginavo nel suo Museo ebraico di Roma, senza pubblico, celata, ascoltare argenti e tessuti che commentavano assieme la propria fattura, i propri tempi e gli ultimi visitatori. Daniela Di Castro parlava, e tutto il mondo della sua conoscenza, della sua esperienza e del suo amore si muoveva. Ha dato tantissimo nel gruppo di lavoro Cdec-Ucei sul progetto museale di Ferrara e poi nel Comitato scientifico del Meis. Ogni tanto amareggiata mi diceva “ma, non possono”, riferendosi alla noncuranza per gli oggetti o alla decisione di fare a meno del direttore scientifico, e aggiungeva che basta, non poteva più occuparsene, ché di musei ne aveva già uno e ben caro. Ma poi tornava a dedicare a Ferrara fiumi delle sue poche energie. Amava l’arte e la storia, l’ebraismo e l’intera società. Era come se dentro lei (o, definizione quasi uguale, dentro il Museo romano) rivivessero contemporaneamente tutte le meste e lieti cerimonie sinagogali del passato. Difendeva fino in fondo le sue concezioni e il suo sapere e appena il suo amato sostegno poteva darle nuova carica, lei tornava a battagliare e a illuminarci. Questo ci lascia: dolore, tristezza e sapienza museografica.
Michele Sarfatti, Comitato scientifico del Museo nazionale dell’ebraismo italiano e della shoah

Ricordare Daniela Di Castro dopo 10 anni di collaborazione è facile e difficile allo stesso tempo: facile perché ha fatto tanto e così bene che non mancano le cose da dire; difficile perché pensare di non avere più a che fare con lei lascia il cuore pieno di amarezza.
Quando l’ho conosciuta, appena diventato assessore, Daniela era il presidente della Commissione Beni Culturali della Comunità Ebraica di Roma; mi presentò un progetto di nuovo allestimento del museo che entusiasmò tutta la giunta della Comunità; ciò le valse la nomina a Sovrintendente al nuovo Museo, e, dopo pochi anni, a direttore del Museo; finalmente, il 22 novembre 2005 il nuovo allestimento prese il via alla presenza delle massime autorità locali, di prestigiose autorità nazionali, e, soprattutto, di tantissimi ebrei romani, orgogliosi del gioiello che, grazie a Daniela, presentava le realizzazioni artistiche, la storia bi millenaria, le tradizioni e la vita della Comunità di Roma come meglio non sarebbe stato possibile.
Prima del nuovo allestimento il museo aveva tra i 30 mila e i 35 mila visitatori l’anno; nel 2009 abbiamo superato i 75 mila, primo fra tutti i musei ebraici italiani; quest’anno, se il trend positivo continua, toccheremo probabilmente il traguardo dei 100 mila visitatori.
Ma questo non è l’unico successo di Daniela; dalle domeniche per i ragazzi alle prestigiose mostre, è stato tutto un susseguirsi di iniziative che hanno fatto del nostro museo un’istituzione estremamente dinamica; soltanto quest’anno, le mostre in occasione della visita di Papa Benedetto XVI e, ancora allestita, per i 95 anni del nostro rabbino emerito Elio Toaff, basterebbero a testimoniarne il valore. Per quest’anno, inoltre, è previsto a novembre, a Roma, il Congresso dei Musei Ebraici Europei, evento di grande prestigio per la Comunità Ebraica e per tutta la città, ma soprattutto testimonianza del prestigio di cui Daniela godeva anche in ambito internazionale.
A testimonianza del suo prestigio, le parole dei primi cittadini della nostra città: Walter Veltroni ha detto : “Non si può conoscere la storia di Roma, se non si visitano i Musei Vaticani, i Musei capitolini, il Museo Ebraico”; Gianni Alemanno ha detto: “Qui si vede una componente della città integrata nel tessuto cittadino e contemporaneamente caratterizzata dai suoi usi e fiera di essi”.
A testimonianza del suo valore, anche la stima e l’affetto di cui godeva all’interno dello staff: Daniela aveva saputo coinvolgere tutti gli operatori nel far funzionare il museo nel modo più efficiente; e aveva contemporaneamente formato molte giovani nella non facile attività di guida, curandone sia la preparazione storico-culturale, sia l’accoglienza dei visitatori.
Non vorrei però che da queste parole emergesse il ritratto di una persona tesa soltanto ad affermazioni e gratificazioni professionali: nella vita di Daniela il Museo era al secondo posto dopo la sua famiglia; ricordo le telefonate con il marito Giacomo, così fiero del successo della moglie, con i figli Guido e Federico, che seguiva con tutta se stessa negli studi e nei rispettivi interessi. E se una persona riesce a coniugare così bene il lavoro e gli affetti, non può essere che di esempio a tutta la Comunità e ben meritatamente si può dire che il suo ricordo sia di benedizione.
Roberto Steindler, assessore ai Beni Culturali della Comunità Ebraica di Roma

Non sono nemmeno passati due mesi da quando Daniela Di Castro inaugurava sorridente al Museo ebraico di Roma la mostra, curata da lei insieme a Caterina Napoleone, dedicata ai 95 anni di rav Elio Toaff. L’intervista da lei rilasciata in quell’occasione su Pagine Ebraiche a Daniela Gross ci rimanda un’immagine molto fresca e vivace: l’amore per il suo lavoro e per il Museo che dirigeva con inventiva e cura, l’intelligenza e l’entusiasmo con cui parlava dei suoi progetti. L’avevo sentita spesso in quei giorni dedicati ai festeggiamenti per Toaff, e il ricordo di quegli incontri, di quelle telefonate è vivissimo. E’ il ricordo di un sorriso che la illuminava tutta, dallo sguardo alla voce. Solo ora, che non c’è più e già ci manca, mi rendo conto di quanta forza e di quanto coraggio ci fosse nel suo sorriso.
Anna Foa, storica

Cara Daniela,
il mio è solo un piccolo ricordo, di tanti anni fa, della FGEI di tanti anni fa, dove io arrivavo timidamente nell’estate del ’76 e nella quale tu eri già “affermata” e facevi parte del gruppo dei “vecchi” che a noi matricole metteva tanta soggezione!
Voglio ricordare la nostra passione nell’affrontare, tutti insieme, con interminabili discussioni, temi politici e sociali, nel difendere i diritti civili – allora si parlava tanto di divorzio e Concordato – le nostre discussioni sulla situazione in Medio Oriente…… i dibattiti sulla cosiddeta “identificazione ebraica” che non avranno mai fine finché esisterà un solo ebreo.
Ma soprattutto il nostro stare insieme, i campeggi, i raduni, i congressi, le feste, qualche pessimo scherzo e i nostri viaggi in treno su e giù per l’Italia: ci siamo divertiti molto, moltissimo in quel periodo e per molti di noi è stato l’inizio di un impegno di vita per l’ebraismo.
Mi ricordo quel consiglio FGEI di cui hai fatto parte, uscito dal Congresso di Venezia di quell’autunno del’76, dopo la consueta notte insonne finita in una mitica passeggiata alle sei di mattina per la città deserta.
Non ci siamo più viste per tanti anni, vite diverse, scelte diverse, poi è stato davvero un piacere ritrovarti in questi ultimi tempi e vedere il Museo di Roma rinascere e avere successo.
Ciao Daniela, riesco solo a dire, molto banalmente, che ci mancherai tantissimo…..
Sandra Terracina

E’ con grande tristezza che ho appreso della perdita per noi tutti di Daniela Di Castro. Il mio ricordo durante le varie discussioni è di una donna sempre sorridente e ottimista. La sua forza e convinzione che il Museo ebraico di Roma dovesse avere anche un padiglione per la storia degli ebrei di Libia mi aveva contagiato e anche onorato per la sua forza di volontà di voler dedicare giustamente una sezione alla nostra storia. Mi dispiace non essere a Roma per poterle porgere l’ultimo saluto, ma per me ogni volta in cui visiterò il Museo avrò lei davanti ai miei occhi.
Walter Arbib, imprenditore

La Commissione del Museo Ebraico di Venezia e Codesscultura partecipano al profondo dolore della famiglia e della Comunità Ebraica di Roma per l’immatura scomparsa di Daniela Di Castro, ricordando quante volte Daniela ha spontaneamente offerto la sua esperienza e la sua competenza anche al museo veneziano, con consigli e indicazioni sempre sorrette dalla sua esemplare conoscenza dell’arte e della cultura ebraiche. Sia il suo ricordo in benedizione.
Umberto Fortis

La Hevrat Yehude’ Italia e il Museo di Arte Ebraica Italiana di Gerusalemme “ Umberto Nahon” si stringono con affetto alle famiglie Moscati e Di Castro per la prematura scomparsa della Direttrice del Museo Ebraico, Dr.Daniela Di Castro.
Questa sera nella Sinagoga italiana di Gerusalemme, gli amici hanno voluto ricordarla con la proiezione di alcune immagini che la ritraggono, serena e sorridente, nel “suo “ Museo, in occasione di eventi significativi.
Che il suo ricordo sia di benedizione.
Angela Polacco-Lazar

La scomparsa di Daniela di Castro rappresenta una dolorosa perdita non solo per la Comunità di Roma, ma per l’ebraismo italiano e in Israele per noi che abbiamo avuto il privilegio di conoscerla.
In nome dell’Associazione Mondiale degli Ebrei di Libia e della direzione del Museo di Or Yehuda, esprimo la nostra partecipazione al dolore della famiglia, colleghi e amici.
Daniela è stata per noi una presenza attenta e sorridente, sempre pronta a offrire un aiuto di grande professionalità, un consiglio preciso e sapiente, un incoraggiamento affettuoso.
Ci mancherà, ma gli esemplari frutti del suo lavoro continueranno a ricordarla a noi e alle future generazioni.
Jack Arbib, Associazione Mondiale Ebrei di Libia

Ho conosciuto Daniela Di Castro nella complessa fase iniziale di avvio del Museo nazionale dell’Ebraismo italiano e della Shoah di Ferrara. Il modo in cui si è comportata nella sua malattia è stato un esempio alto; il suo contributo alla progettazione del percorso museale prezioso e competente, la sua dedizione alla causa della cultura ebraica senza riserve.
Il suo ricordo sia in benedizione anche per il Meis
Piero Stefani (già direttore scientifico del Meis)

Si può ricordare una cara amica, una Maestra, senza cadere nell’autobiografia? A chi può importare sapere che ho conosciuto Daniela più di vent’anni fa, e che insieme abbiamo fatto la “gavetta”, studiando forme e procedure per la gestione dei beni culturali ebraici in Italia? Immagino a pochi, eppure sento il bisogno di dare testimonianza di una persona positiva, allegra ma non “leggera”, che già all’epoca aveva una competenza e un’autorevolezza indiscutibili. Con Daniela il rapporto umano era fondato sullo scherzo, anche di fronte a situazioni gravi come la malattia che ce l’ha portata via. L’ho incontrata solo pochi giorni fa e ho avuto il privilegio di sentirla ancora forte e combattiva, mentre mi illustrava con orgoglio il “suo” museo, me ne descriveva il presente e mi parlava con prospettiva certa del futuro. Daniela immaginava un “museo per i bambini”, e spero che le sue aspirazioni possano trovare orecchie istituzionali per concretizzare questo bel sogno: una prospettiva in cui – come diceva Daniela – il museo ebraico non sia la bella tomba di quel che non c’è più, ma un laboratorio educativo e formativo per quel che ci sarà.
Gadi Luzzatto Voghera

Daniela Di Castro ci ha lasciato. E’ stata una grande donna, dai modi garbati, sempre con la convinzione di fare il bene dell’ebraismo italiano.
Con la sua sapienza, con la conoscenza della cultura ebraica che possedeva, ha saputo creare il museo ebraico di Roma, museo che viene visitato ogni anno da migliaia di persone, e all’interno del quale ha voluto espressamente una sezione per gli ebrei di Libia, quella componente ebraica che dal ’67 fa parte ormai della storia molto più antica di quella di Roma.
Ho preso parte quel giorno all’inaugurazione, ricordo le sue parole che venivano dal cuore e che hanno voluto rendere omaggio agli ebrei libici. Essi Le sono grati per ciò che è stata capace di realizzare.
Nell’ultimo Pesah abbiamo insieme celebrato un pranzo nella campagna senese, e Lei (Z.l.) come sempre, se pur sofferente aveva il solito sorriso che esprimeva desiderio di vivere, e di dare.
Daniela Di Castro, è vero, ha dato tanto all’ebraismo italiano e alla cultura del nostro paese. La ricorderemo anche per queste sue grandi doti.
Yoram Ortona, consigliere Ucei e vicepresidente Fondazione Beni culturali ebraici

La prematura scomparsa della cara amica Daniela è un durissimo colpo all’ebraismo romano e italiano.
Resterà di lei, indelebile ricordo, l’opera e le azioni che sono culminate con l’inestimabile risultato dell’attuale immagine del Museo ebraico di Roma per il quale Daniela ha profuso tutte le sue energie, la sua forza,l’iimmaginazione e tutte le sue conoscenze, ottenendo risultati che rimarranno testimonianza perenne per le generazioni future. Nonostante la malattia che la stava lentamente minando nel fisico, ma non nello spirito e nella mente e cha ha finito per portarcela via. Mi piace ricordarla anche con l’immagine dei Rimmonim, a lei cosi cari, farfalle che danzano sul prato.
Ever Cohen

Apprendiamo con dolore della perdita di Daniela Di Castro, di cui abbiamo imparato a conoscere, nonostante la sua riservatezza, la sua competenza e professionalità. La grande passione per il suo lavoro sia d’spirazione per proseguire il suo operato. Ci uniamo a Giacomo e a tutta la famiglia nel ricordarla con affetto.
Enzo e Roberta Nahum

Ho appena ricevuto e letto l’Unione informa e saputo della scomparsa di Daniela Di Castro. L’avevo appena “scoperta” in un video di qualche mese fa. Mi aveva fatto una grande impressione e mi riproponevo di ritornare al Museo ebraico per vedere la ristrutturazione con i suoi occhi. Una persona così preparata, dinamica, solare, dolce e tenace…una dolorosa perdita. Spero che ci sia chi saprà raccogliere la sua eredità e riesca a realizzare il suo sogno incompiuto di un bel giardino biblico e che lo si dedichi alla sua memoria. Le mie sentite condoglianze alla Comunità Romana e agli amici di Daniela Di Castro.
Danielle Sussmann Seiteanu

Gentile Ucei
leggo con stupore e tristezza la notizia della scomparsa di Daniela di Castro. Ho avuto occasione di apprezzare le sue alte qualità di studiosa nell’articolo che ha pubblicato nel numero XL di Archivi e Cultura, rivista da me diretta. Faccio alla famiglia e a tutta la comunità ebraica le mie più sentite condoglianze.
Maria Luisa Lombardo

Ho conosciuto Daniela Di Castro tre anni fa. Mio padre era morto da poco, e aveva lasciato detto di voler donare alcuni ricordi di famiglia al museo di Gerusalemme. Nel frattempo, era stato inaugurato il Museo Ebraico di Roma, e pensai che mio padre sarebbe stato felice di questa diversa destinazione. Contattai Daniela e la trovai di una straordinaria intelligenza e sensibilità umana . Mi spiegò il significato di alcuni oggetti, in particolare quelli legati alla memoria di Samuele Alatri, e li valutò con cura. Fui subito sicura che i doni paterni erano in buone mani. Conservo un bellissimo ricordo del mio incontro con questa donna esperta e generosa.
Francesca Alatri

Condoglianze e parole di solidarietà da parte di numerosi esponenti politici italiani sono giunte alla Comunità ebraica di Roma per la perdita della direttrice del Museo ebraico Daniela Di Castro. Il sindaco della Capitale, Gianni Alemanno, ha espresso “profondo cordoglio per la perdita di una persona di grande gentilezza d’animo, di profondo radicamento nella cultura ebraica e capace di un’autentica apertura al dialogo nei confronti di tutta la città”. Il presidente della provincia Nicola Zingaretti ha voluto ricordare Daniela per “il suo grande impegno nel dirigere con passione e dedizione il Museo ebraico di Roma”. Il presidente della regione, Renata Polverini, ha affermato di essere “vicina alla Comunità ebraica in questo momento di dolore”. “Una delle grandi studiose della cultura ebraica”, l’ha definita il ministro dei Beni Culturali, Sandro Bondi, nel suo messaggio di solidarietà, nel quale anche lui ha ribadito che la Di Castro è “riuscita in questi anni a rilanciare una importante istituzione come il Museo ebraico, al contempo luogo della memoria, della cultura e della storia e punto di riferimento della Comunità ebraica italiana”. Messaggi sono giunti anche da Walter Veltroni ed Enrico Gasbarra. Il primo ha ricordato la direttrice non solo per la sua dedizione e per l’eccellente lavoro al Museo ma anche per il suo attaccamento a Roma; Gasbarra l’ha definita “una grande perdita per la città di Roma e la Comunità ebraica” e ha chiuso il suo messaggio sottolineando come Veltroni “il suo amore per la città” e aggiungendo infine che “i valori e la conoscenza profonda della cultura ebraica hanno segnato la sua vita e la sua opera”.