Una ferita non rimarginata
A Torino il rituale di Tishà Be-Av non ha subito mutamenti o aggiunte in seguito alla Shoà; confesso che non ci avevo mai fatto caso: mi sembrava normale che fosse così. Per questo le considerazioni del rav Riccardo Di Segni in proposito mi hanno fatto riflettere su quanto poco, in fin dei conti, un evento di dimensioni così vaste e catastrofiche per il popolo ebraico come la Shoà abbia influenzato le preghiere o le ricorrenze. Qualcuno potrebbe dire lo stesso per un evento ancora più recente ma, fortunatamente, di segno opposto come la nascita dello Stato di Israele, eppure Israele si sta conquistando i suoi spazi, fino all’aggiunta da parte di qualcuno di una formula specifica durante la benedizione del pasto. Nei confronti della Shoà, invece, pare esserci talvolta una sorta di reticenza, per cui, mentre all’esterno del mondo ebraico (almeno in Italia) oggi si parla di Shoà molto più di quanto se ne parlasse venti o trent’anni fa, all’interno si tende invece a parlarne di meno. E’ esemplare il caso, citato implicitamente da rav Di Segni, del Rituale della Rimembranza durante il seder di Pesach, di solito presente nelle haggadoth pubblicate in Italia negli anni ’70, ’80 e ’90 e oggi messo in discussione.
C’è chi ritiene sia una reazione a un’identità e a una cultura ebraica troppo appiattite sulla Shoà perché troppo carenti su altri fronti. E’ una spiegazione che non mi convince del tutto. A me pare piuttosto che ci troviamo di fronte a una ferita non ancora rimarginata, a un lutto non ancora elaborato. La catastrofe che si è abbattuta sul popolo ebraico è stata troppo grave e di proporzioni troppo devastanti per poter essere digerita in poche decine di anni, e forse ci vorranno un secolo o due perché trovi il suo posto nella liturgia con le azioni e le parole adeguate. Nei primi decenni ad essa successivi forse non si sentiva il bisogno di questa elaborazione e i ricordi personali entravano nel rituale senza mediazioni, in quanto molti identificavano spontaneamente la schiavitù e la liberazione dall’Egitto o i fatti descritti nelle Lamentazioni con il proprio vissuto personale (“Noi che siamo scampati allo sterminio nazi-fascista possiamo veramente sentirci come gli ebrei usciti dall’Egitto”, affermava per esempio un’ospite al nostro seder nel 1991). Oggi i testimoni diretti stanno diventando una minoranza e la Shoà sta lentamente cessando di essere memoria; ma è ancora troppo dolorosa per diventare storia, e tanto meno rito.
Anna Segre, insegnante