Tutti d’accordo, ci siamo anche noi
Tra due giorni si vota per eleggere i delegati da mandare a Roma al congresso dell’UCEI che potrebbe mutare gli assetti dell’intero ebraismo italiano. Eppure (come si deduce anche dal resoconto di Manuel Disegni apparso su l’Unione informa del 4 novembre), l’assemblea della comunità di Torino si è appassionata molto di più per la discussione sul bilancio; quando si è giunti a parlare dell’Unione, complice anche l’ora tarda, la sala del centro sociale si è sensibilmente svuotata. Del resto per le elezioni di domenica non c’è stata una campagna elettorale particolarmente accesa. Sono sintomi di una scarsa attenzione degli ebrei torinesi per le vicende dell’ebraismo nazionale? Non è detto. Anzi, forse la discussione sull’UCEI è stata meno viva di quella sul bilancio perché su alcuni punti tutti sono d’accordo. In effetti le due liste che si presentano nella prima circoscrizione non sono realmente contrapposte e più o meno chiedono le stesse cose: più peso alle comunità medie e piccole, più servizi e maggiore decentramento, più aiuto nel reperimento e nella formazione dei rabbini, miglioramento nella diffusione di prodotti kasher. Si legge dietro a questi programmi la paura che le comunità medie e piccole finiscano schiacciate dalla preponderanza numerica di Roma e Milano. Queste esigenze e questa paura sono così forti da superare le distinzioni tra laici e religiosi, destra e sinistra, favorevoli e contrari ai consigli comunitari locali. Il Congresso non potrà fare a meno di tenerne conto.
Anna Segre, insegnante