Risorgimento…

Nella discussione sulla partecipazione ebraica al Risorgimento italiano sono stato tra coloro (non molti, in realtà) che hanno messo in evidenza come il processo di integrazione degli ebrei sia spesso proceduto in parallelo con la perdita della loro identità ebraica. Questa analisi non piace a David Bidussa, che privilegia altre interpretazioni (che non sono tanto recenti, già le propose Gramsci a suo tempo con un pensiero famoso). Fin qui, normale confronto di idee. Ma Bidussa ieri ha proseguito con un ulteriore argomento, che provo a esporre così (sperando di aver capito bene): oggi c’è una “ossessione identitaria” , “paradigma culturale del nostro tempo”, per cui insistere tanto sull’identità è proprio il contrario di quello che si vorrebbe, è assimilazione a un modello esterno. Un bel sofisma, complimenti; ma che può essere smontato facilmente. Tenendo presente che la denuncia di perdita di identità (e di cultura e di pratica religiosa) non è una recente originalità ossessiva. Un secolo fa, ad esempio, queste analisi le faceva un certo Dante Lattes (per ironia, il bisnonno della moglie di Bidussa). Che poi il tema dell’identità (quale?) sia il paradigma culturale del nostro tempo, ossessivo e prevalente da queste parti, è tutto da dimostrare. Il fatto è che questo non è un dibattito puramente storico, spesso i discorsi sulla perdita di identità danno fastidio, e allora bisogna colpevolizzarli, negare la gravità del fenomeno o sminuirne le conseguenze. Oggi si parla tanto (senza concludere molto) degli ebrei invisibili, ma spesso gli ebrei non sono invisibili, semplicemente non ci stanno più.

Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma