Laicità tradita

Dalle pagine virtuali de “L’Unione Informa” Dario Calimani e Tobia Zevi sollevano nuovamente, a mio parere assai opportunamente, l’annosa questione della Laicità delle istituzioni, costituzionalmente sancita ma nei fatti tradita con trasversali complicità politiche, quotidianamente e non da oggi.
Il doppio peso utilizzato nelle sentenze citate (più nel caso Tosti che, in verità, nel caso Lautsi) non deve però meravigliare, perché sembra collocarsi coerentemente accanto a molte altre sentenze, pur essendovene state di contrarie,emanate nel tempo in Italia e che hanno consentito, anche in tempi recenti come ho avuto modo di scrivere da queste colonne, affermazioni di “superiorità” di una religione sulle altre che contraddicono la logica, la giustizia e la nostra Costituzione che vuole le varie fedi tutte uguali dinanzi allo Stato.
Se in alcune sentenze italiane è evidente il conformismo a certi influssi, la sentenza europea (dissento in parte dall’analisi di Tobia Zevi) non è poi così del tutto favorevole all’Italia come alcuni,ancora prima di approfondirne i contenuti, si sono affrettati a dichiarare in maniera roboante, quella tipica in genere dei “più realisti del re”.
Un tema portante della sentenza sembra essere quello del “fotografare” la situazione italiana affermando di doversi astenere dal pronunciarsi su vari aspetti, cosa che non equivale a consenso anche se in odore di scappatoia.
Secondo la Corte, si legge nel comunicato stampa emesso, “se è vero che il crocifisso è prima di tutto un simbolo religioso, non sussistono tuttavia nella fattispecie elementi attestanti l’eventuale influenza che l’esposizione di un simbolo di questa natura sulle mura delle aule scolastiche potrebbe avere sugli alunni”: la sottolineatura sul crocifisso individuato “prima di tutto” come “simbolo religioso” è tanto logica quanto poco recepita in gran parte delle tradizionali dichiarazioni,sincere o strumentali che siano, di folta parte del nostro mondo politico che, con le dovute eccezioni, attribuisce a questo simbolo un valore “universale”, per certi versi anche con significato “oltre il religioso” (cosa che giustamente indigna alcuni settori cristiani), come tale da imporre “erga omnes” su non credenti e credenti vari acattolici.
Per certi versi ancora più significativo è questo passaggio, sempre tratto dal comunicato stampa della Corte Europea, riferito al Governo italiano: ” aggiungeva poi che, oltre ad avere un significato religioso, il crocifisso simboleggia i principî e i valori che fondano la democrazia e la civilizzazione occidentale, e ciò ne giustificherebbe la presenza nelle aule scolastiche. Quanto al primo punto, la Corte sottolinea che, se da una parte la decisione di perpetuare o meno una tradizione dipende dal margine di discrezionalità degli Stati convenuti, l’evocare tale tradizione non li esonera tuttavia dall’obbligo di rispettare i diritti e le libertà consacrati dalla Convenzione e dai suoi Protocolli. In relazione al secondo punto, rilevando che il Consiglio di Stato e la Corte di Cassazione hanno delle posizioni divergenti sul significato del crocifisso e che la Corte Costituzionale non si è pronunciata sulla questione, la Corte considera che non è suo compito prendere posizione in un dibattito tra giurisdizioni interne”: insomma, non mi pare si possa parlare di una strada del tutto in discesa.
Una grave lacuna, a mio modesto parere (salvo che non si siano chiusi gli occhi assai benevolmente), appare quella che riguarda la frettolosa accettazione delle affermazioni italiane che, in estrema sintesi, dichiaravano la non disparità di trattamento nel mondo dell’istruzione pubblica tra le varie fedi, ricordando che tutte hanno accesso nella scuola statale italiana, ma dimenticando di ricordare, evidentemente, che solo l’ora di religione cattolica vige peraltro a carico di tutti i contribuenti, variamente credenti o meno, mentre per gli altri l’accesso è a proprio carico e previa richiesta. Se poi aggiungiamo a ciò che l’ora alternativa è spesso inesistente, appare logicamente difficile affermare che tutte le religioni, anche nella scuola, godono di uguale trattamento.
Ma ciò posto il quesito che pongono Calimani e Zevi, facendo la propria strada e con le rispettive analisi, è chiaro: vogliamo o non vogliamo affrontare questo tema spinoso per cercare una soluzione che attui veramente quell’uguaglianza che la nostra Carta fondamentale detta, senza detrimento di alcuno e nel rispetto reciproco e dell’autonomia dello Stato rispetto alle religioni della libertà delle quali dovrebbe anzi essere garante?
Cento anni or sono, percorso purtroppo troncato dalla prematura morte che lo avrebbe colto nel giugno del 1861, Cavour evocava e predicava il concetto di separazione tra Stato e Chiesa e l’uguaglianza delle fedi: un percorso evidentemente ancora da completare.

Gadi Polacco, Consigliere della Comunità ebraica di Livorno