L’arte delle donne
Nel suo ultimo pilpul, Anna Segre ha sostenuto che la società israeliana sia molto più chiusa verso le donne rispetto ai primi decenni dello Stato, che il loro ruolo sia stato decisamente ridimensionato. Anna, per chiarire il suo pensiero, avrà pur utilizzato parole più forti di quelle in cui realmente crede, ma comunque non le condivido. Il mondo dell’arte israeliano, tanto per cominciare, è dominato da donne ora più di sempre, in particolare da Sigalit Landau, Michal Rovner e Yael Bartana. Tutte e tre raccontano del loro paese e delle loro radici, con una passione e con una poetica tanto coinvolgente da conquistare innanzitutto i collezionisti israeliani – che non sono affatto pochi – e poi quelli mondiali. Conoscetele meglio, conviene davvero. L’establishment culturale dello Stato ha riconosciuto appieno il loro valore e difatti le troviamo sempre più nei musei principali (Tel Aviv e Gerusalemme) e a rappresentare Israele nelle ultime Biennali di Venezia. Vogliamo poi parlare delle crescente affermazione di scrittrici come Dorit Rabinyan o Yael Hadaya, che entrano nell’Olimpo prima tutto maschile con i vari Oz, Grossman,Yehoshua, Shalev etc.? Oppure, al posto di rimpiangere Golda Meir, unica donna in un mondo di maschi, non converrebbe pensare che i due maggiori partiti di opposizione sono guidati da donne (Tzipi Livni per Kadima e Sheli Yehimovic per Maarach) e che donna è Daphni Leif, la leader della protesta delle tende di quest’estate? E che, la WIN – Women’s International Networking – sostiene che abbia la seconda percentuale al mondo per donne come CEO di aziende (es. Bank Leumi, Manpower, Althschuler-Shaham)? In una certa Israele la posizione delle donne è in difficoltà, non ce lo nascondiamo e affrontiamo la questione; ma neppure ingigantiamola, perché si rischia di perdere la visione d’insieme, che è ben diversa.
Daniele Liberanome, critico d’arte