La demagogia di Hollande

Ho letto con interesse l’articolo di Tobia Zevi dove ha provato a spiegare, perché come ebreo (di sinistra), avrebbe votato Hollande e non Sarkozy alle elezioni presidenziali francesi. La riflessione riapre una discussione, mai del tutto risolta, per cui ci si interroga sull’opportunità che gli ebrei scelgano un candidato migliore per le elezioni. Perché se è giusto affermare che l’identità ebraica non può che influenzare la nostra scelta politica, altra cosa riguarda l’ipotetica scelta di un candidato comune. Il rischio che si corre è che la scelta maggioritaria possa far apparire quella minoritaria, come contraria all’interesse collettivo dell’ebraismo. In questo modo un voto ragionato, ma contrario all’opinione comune, invece di contribuire al dibattito finirebbe per etichettare in modo negativo una parte del mondo ebraico. Per questo bisogna prestare attenzione, senza però dimenticare di giudicare secondo i valori della nostra tradizione. Sarà per questa ragione che a me la retorica (vuota) di Sarkozy sugli immigrati non ha spaventato più di tanto; non bisogna dimenticare che negli ultimi 10 anni, prima come Ministro dell’Interno, poi come Presidente della Repubblica, è stato lui il responsabile della sicurezza della Francia senza che mai destare nessuna preoccupazione per le minoranze. Mentre mi spaventa molto di più la demagogia di Hollande, la sua visione collettivista e le sue affermazioni in cui definisce preoccupanti le minacce d’Israele all’Iran. Ma come detto, nel cercare di convincerci che un candidato sia meglio dell’altro, si corre il rischio di apportare più danni che benefici alla causa ebraica e che forse l’eterogeneità nel voto non sia tanto male. Ah, e se non si fosse capito, io avrei votato con convinzione Sarkozy.

Daniel Funaro, studente