Storie – Sami Modiano e la deportazione da Rodi
Nella storia della deportazione italiana c’è anche il capitolo di Rodi, l’isola delle rose, passata all’Italia nel 1912, dove all’epoca vivevano insieme, pacificamente, ebrei, musulmani e cristiani. Anche in questo paradiso le leggi razziali fasciste del 1938 cambiarono la vita della comunità ebraica, stanziata nell’isola dal XVI secolo, ad esempio con la brutale espulsione dei ragazzi ebrei dalle scuole.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, Rodi passò sotto il controllo tedesco. Il 18 luglio 1944 i nazisti, con il pretesto di un controllo dei documenti, arrestarono i capifamiglia della comunità e il giorno dopo, come ha raccontato Sami Modiano nel bell’articolo realizzato da Umberto Gentiloni su La Stampa, «chiesero a tutti i familiari di fare un fagotto con i beni di prima necessità: cibo, vestiti e oggetti di valore. Cercavano soprattutto oro. In silenzio andammo anche noi verso la caserma, mio padre Giacobbe era già lì. Restammo chiusi per alcuni giorni».
All’alba del 23 luglio 1944 ebbe inizio il lungo viaggio verso Auschwitz. Al porto circa duemila persone vennero stipate su alcune chiatte adibite al trasporto di animali. Una prima sosta all’isola di Kos per imbarcare altri nuclei familiari arrestati, poi rotta verso il Pireo. Ad Atene il trasferimento su un treno e la partenza per la Polonia, dove giunsero quasi un mese dopo, il 16 agosto. «All’improvviso la nostra adolescenza era finita del tutto», ha detto Modiano. «Già nel 1938 ero stato espulso dalla scuola italiana in seguito all’applicazione delle leggi razziali di Mussolini. Avevo un maestro bravissimo, lo ricordo ancora con nostalgia. Il viaggio fu davvero una marcia di avvicinamento verso l’inferno. Il caldo, gli odori, i bisogni e i primi cadaveri gettati in mare».
Il 23 luglio scorso, proprio a Rodi, sessantasette anni dopo quella tragica alba, Modiano ha incontrato uno degli altri pochi sopravvissuti (31 uomini e 120 donne) alla deportazione, Moshe Cohen, venuto come lui nell’isola a celebrare l’anniversario. Non si vedevano dal 1945, data del loro ultimo incontro a Roma. Modiano, dopo alcuni anni trascorsi nel Congo belga, vive oggi tra Rodi e Ostia; Cohen aveva lasciato l’Italia per combattere volontario contro gli inglesi in Medio Oriente, e dopo un periodo in Israele si è trasferito in California. Si sono riconosciuti dal braccio tatuato a Birkenau. Un lungo abbraccio e tanta commozione.
La stele di granito nella piazza Martiron Evreon (dei martiri ebrei), scrive Gentiloni su La Stampa, recita in sei lingue «Alla memoria eterna dei 1604 ebrei di Rodi e Kos sterminati nei campi di concentramento nazisti. 23 luglio 1944». L’antica sinagoga è lì vicino, ma oggi la comunità ebraica dell’isola, distrutta dai nazisti, non raggiunge le trenta unità. Modiano ha deposto un sasso in memoria della sua famiglia e di tutti gli altri: «Sono tornato vivo da quell’orrore per tutti loro, per poter raccontare a chi è venuto dopo o non credeva, per non disperdere la loro voce e la loro memoria».
Mario Avagliano twitter @MarioAvagliano