La nostra Maturità – Anna Foa “Tema e controtema”
La conferenza di Wannsee e la preparazione della Soluzione finale, nelle parole di Hanna Arendt. E’ una delle tracce proposte quest’anno alle prove dell’esame di maturità per il tema storico. Un argomento complesso e delicato dalle implicazioni sia storiche sia filosofiche. Ma che significato ha uno spunto di questo genere? Quanto aiuta approfondire i meccanismi della Shoah? E in quali modi lo si può declinare? Abbiamo girato questi interrogativi ad alcuni dei nostri editorialisti, che si sono cimentati con la loro personale versione del tema di Maturità: una sfida non facile che ci aiuta a capire meglio.
TEMA I parte Tratto dall’opera La banalità del male di una delle maggiori filosofe ebree del Novecento, Hannah Arendt, nata in Germania ma emigrata prima a Parigi e poi negli Stati Uniti dopo l’avvento al potere di Hitler, il brano racconta la Conferenza di Wannsee, tenutasi a Berlino il 20 gennaio 1942, dove i nazisti presero la decisione definitiva di sterminare tutti gli ebrei d’Europa, che Eichmann stimava appunto intorno agli undici milioni ma che erano in realtà meno di dieci milioni. A quella data, però, lo sterminio era già in atto. A segnarne l’inizio fu l’attacco di Hitler all’Urss, fino allora suo alleato, il 22 giugno del 1941. Le truppe combattenti tedesche erano infatti accompagnate da unità speciali delle SS che procedevano sistematicamente all’eliminazione tramite fucilazione degli ebrei dei territori occupati, uomini, donne e bambini. Circa un milione di ebrei furono sterminati così, fra l’estate del 1941 e tutto il 1942. A quella data, inoltre, erano già stati creati molti dei ghetti in cui saranno rinchiusi, in attesa di essere assassinati, gli ebrei polacchi, russi e molti ebrei tedeschi. Nell’estate del 1941 era inoltre stata vietata l’emigrazione dai paesi occupati dal Reich tedesco, chiudendo gli ebrei in un’immensa prigione. La stessa costruzione dell’enorme campo di Auschwitz, al tempo stesso campo di concentramento e campo di sterminio, era iniziata nel 1940. La Conferenza di Wannsee si limita quindi a sancire processi che erano già in atto da tempo.
CONTROTEMA I parte Il racconto della Conferenza di Wannsee non è certo uno dei brani più significativi del libro che Arendt ha tratto dai suoi reportage sul processo Eichmann, e non consente nemmeno, preso in sé e senza approfondite spiegazioni (ma quanti professori avranno dato spiegazioni sufficienti, ammesso che fosse consentito farlo?) di porre i principali quesiti sollevati da Arendt: il primo, quello della natura del male, indagato attraverso la figura di Eichmann, quale emerge nel processo di Gerusalemme, il secondo, quello dei consigli ebraici e del loro ruolo nella Shoah. Il brano, molto specifico nel suo riferimento alla Polonia, non consente facilmente di descrivere lo svolgersi della Shoah e non induce a parlare né dei campi di sterminio né dei ghetti. Volto com’è soprattutto a chiarire il ruolo di Eichmann, il testo non induce il lettore a domandarsi cosa fosse già successo prima e può indurre a credere falsamente che la Shoah sia iniziata nel gennaio 1942.
TEMA II parte Nel testo, Arendt sottolinea con forza la mediocrità della figura di Eichmann, uno dei massimi esperti nazisti della “questione ebraica”, colui a cui faceva capo il funzionamento della macchina nazista della deportazione e dello sterminio. Al processo, Eichmann assunse la linea difensiva dell’obbedienza agli ordini ricevuti, una linea difensiva che ben corrispondeva al suo essere un burocrate sostanzialmente di secondo piano, un esecutore pignolo dello sterminio. Recentemente, tuttavia, questa interpretazione è stata posta in discussione, e il ruolo autonomo, di primo piano di Eichmann è stato riaffermato, anche sulla base di nuove documentazioni. Un creatore del male, o un suo semplice esecutore, insomma? Ma come non pensare che nell’affermare la “banalità del male”, Arendt abbia voluto sottolineare soprattutto il carattere non metafisico del male stesso e il fatto che esso alberga in ciascuno di noi e può produrre, come ha in effetti prodotto, altri stermini, altri genocidi, spesso nell’indifferenza del mondo.
CONTROTEMA II parte Le parole con cui viene descritto il comportamento di Eichmann a Wannsee non dimostrano nulla sulla natura banale o meno del male, sul fatto che la Shoah possa essere interpretata come il frutto del Male assoluto o come il frutto dell’obbedienza cieca, della meschinità di intelletto, del conformismo. Se il tema che si voleva introdurre era questo, forse un brano tratto da Uomini comuni di Christopher Browning, con l’interrogazione sulle motivazioni che ebbe un reparto di Einsatzgruppen di Amburgo, non tutto formato da antisemiti o nazisti, e libero di rifiutarsi di uccidere, nel massacrare centinaia di migliaia di ebrei. Non voglio con questo minimamente contestare la scelta del testo di Arendt, solo quella di questo brano specifico. Il testo di Arendt, che tante polemiche ha suscitato e su cui sono scorsi fiumi di inchiostro, merita a tutt’oggi tutta la nostra attenzione.
TEMA III parte Il processo Eichmann dava inizio, dopo un quindicennio di rimozione, a quella costruzione della memoria da cui sarebbe uscita l’immagine della Shoah come quella di un evento specifico e senza precedenti e da cui avrebbe preso le mosse la percezione che oggi ne abbiamo: quella di uno spartiacque radicale nella storia, quella di un evento che non tocca solo gli ebrei ma il mondo tutto intero, e in primo luogo quelli che lo hanno perpetrato. CONTROTEMA III parte In momenti in cui il negazionismo si riaffaccia con tutto il suo carico di menzogne, l’antisemitismo si diffonde nuovamente in Europa, e perfino la città di Roma si trova a dover fare i conti con la rimozione di molte pietre d’inciampo e la sparizione della lapide dedicata a Settimia Spizzichino, un tema come questo non può che essere apprezzato. Eppure… Eppure dobbiamo ricordarci che la memoria non basta, come non basta la buona volontà e che quello che la scuola deve insegnare sono fatti e interpretazioni, cioè storia. Per questo le poche righe di Arendt su Wannsee ci sono parse insufficienti al compito di spiegare, insegnare e soprattutto stimolare, una volta raggiunta la conoscenza dei fatti storici, la critica e l’interpretazione.
Anna Foa, Pagine Ebraiche, agosto 2012