La parola Shoah

Le cose non vanno bene. L’antisemimo fluisce silenzioso e abbondante. Eppure non mi metto in coda a quelli che dicono che la Shoah sta continuando. E’ un’affernazione sia blasfema che bigotta: blasfema verso le vittime della Shoah la cui sottovita quotidiana viene evocata per essere usata come una spada; e bigotta perché si avvale della parola Shoah e del suo immane sacrario per chiudere la bocca a chi non è d’accordo a regolare i sacri conti con tutto il Golfo Persico. Il fatto è che la Shoah non è un monumento liofilizzato da iniettare nelle vene del mondo. La sua memoria è una dolorosa traslazione spirituale. La memoria della Shoah è un atto arduo della volontà spirituale. La memoria della Shoah rende vivente quello che materialmente non è più davanti a noi, lo evoca, e se possibile lo eleva, gli restituisce il suo significato andato via con quel fumo. Torna a far vedere il suono ritmico dei pensieri di chi c’era e fu costretto a smettere di pensare. Fa essere vivi quelli di allora e quelli di adesso. La parola Shoah.

Il Tizio della Sera