Qui Milano – La capanna della libertà

Uno dei significati più belli, ma forse meno evidenti, della festa di Sukkot è che qualcosa di piccolo e apparentemente fragile se guardato dalla giusta prospettiva può rappresentare in realtà una grande forza. Questo però è risultato lampante ieri pomeriggio per chi si trovava all’inaugurazione della Sukkah costruita dal centro chabad Naar Israel in un cortile del Castello Sforzesco di Milano, con i saluti del rabbino capo della Comunità ebraica di Milano Alfonso Arbib, il vicesindaco di Milano Maria Grazia Guida, Rav Avraham Hazan, direttore Merkos Leìnyane chinuch – Italia, Rav Michael Elmaleh, direttore delle attività di Naar Israel, Roberto Jarach, vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e Yoram Ortona, architetto e consigliere della zona 7 a Milano.
La sensazione è prima di tutto visiva: circondata dalle possenti mura rossicce del castello e dominata dalle sue torri rotonde, la Sukkah appare ai passanti come un minuscolo parallelepipedo bianco in mezzo al prato. In realtà tuttavia la sua presenza proprio all’interno di quelle mura ha un valore simbolico molto importante. Infatti, come ha spiegato Vittorio Bendaud, assistente di rav Giuseppe Laras, rabbino capo emerito di Milano, che ha presentato gli ospiti, “fino a non molto tempo fa il castello Sforzesco è stato la sede del governo di Milano, che vietava agli ebrei di risiedere in città. Oggi invece ospita al suo interno la sukkah, che si fa simbolo della presenza viva e forte degli ebrei”.
E non solo, perché dimostra anche la volontà della minoranza ebraica di entrare in comunicazione con i cittadini milanesi, “offrendo loro i nostri valori e le nostre ricchezze culturali e storiche”, come ha sottolineato Roberto Jarach. Perché, come ha fatto notare Rav Michael Elmaleh, proprio la festa di Sukkot rappresenta la volontà della religione ebraica di aprirsi alle altre culture: “Le preghiere tipiche di questa festività non sono solo per il popolo ebraico, ma per tutti i popoli di tutte le nazioni”.
E questo messaggio di collaborazione era presente anche nelle parole di Maria Grazia Guida: “La presenza della sukkah è una grande risorsa per la città perché è un modo di aprirsi alla scoperta dell’altro, al confronto e alla convivenza. Un valore importante non soltanto dal punto di vista culturale, in quanto permette di rispondere a esigenze anche molto concrete e attuali: la povertà infatti non è solo quella materiale dovuta alla crisi economica, ma anche quella della solitudine, causata dalla mancanza di dialogo”.
E riprendendo proprio queste ultime parole, ha concluso rav Arbib: “Dobbiamo rivedere i nostri valori, riconsiderare la potenza di ciò che usiamo per proteggerci: le armi e il denaro, per esempio, si sono rivelati strumenti che con la crisi attuale non servono più a nulla, ma anzi sono stati la causa della nostra rovina. Una capanna invece, abitazione all’apparenza così delicata, rappresenta per noi una protezione di gran lunga maggiore, che dobbiamo cercare nel rafforzamento della nostra interiorità e nel non essere soli, ma una collettività. La sukkah è lì per ricordarci la possibilità di vivere insieme”.
E per rendersi conto di quanto questo sia vero è sufficiente entrarvi dentro, e alzando lo sguardo scorgere la massiccia torre del castello attraverso le fronde del tetto che lasciano intravedere il cielo.

Francesca Matalon – twitter @MatalonF