Simchàt Torah…
Leggendo il pilpul di Anna Segre dello scorso venerdì 12 ottobre relativo alle modalità dei festeggiamenti di Simchàt Torah nella Comunità di Torino mi è tornato alla mente il modo austero e solenne, e forse anche un pò ingessato, con cui venivano celebrate le Haqqafòt (i giri dei Sifrè Torah) nelle varie Sinagoghe in Italia fino agli anni 80.
Addirittura, nella Sinagoga Maggiore di Roma, chi doveva prendere il Sefer Torah si presentava alla cerimonia di Simchat Torah con un cappello d’ “ordinanza” che variava da una lobbia, a un cilindro. Solo verso la fine degli anni 70, nel tempio di via Balbo con la partecipazione dei giovani del Benè Akiwa, si introdussero canti e balli intercalati ai giri dei Sefarìm, e ciò costitui una prima piccola rivoluzione culturale. Del resto il vecchio sistema rifletteva una mentalità per la quale la “siepi” intorno ai pulpiti delle nostre sinagoghe erano molto alte e talvolta invalicabili. L’accesso era riservato agli “addetti ai lavori” e la maggior parte dei partecipanti vivevano la Tefilah da spettatori passivi, con una sorta di timore e distacco reverenziale, quasi un’interdizione sacra, da ciò che si svolgeva in alto nella Tevah (il pulpito). Durante questi ultimi trenta anni anche questi “muri” delle nostre sinagoghe sono stati abbatutti e come in ogni rivoluzione le siepi sono state un pò troppo calpestate. Nella maggior parte delle nostre sinagoghe sono stati introdotti usi e costumi di cui si sente spesso scarsa autenticità e consapevolezza. Dalle bevute di vodka, a una ostentazione, fuori luogo, della bandiera dello Stato di Israele posta inopportunamente come manto dei Sifrè Torah, dai balli e canti talvolta un pò troppo incontrollati e scomposti tenendo i Sefarìm in braccio. Talvolta, tanta è la confusione, che non si capisce neppure più a che giro ci si trova e il motivo per cui si gioisce. Alcune di queste forme di baldoria costituiscono in molti luoghi del mondo ebraico tradizioni e esternazioni intense, coinvolgenti e autenticamente gioiose per coloro che il Sefer Torah lo “portano”, oltre che in braccio , dentro loro stessi ventiquattro ore su ventiquattro. Si tratta di una gioia di mitzwah risultato di un vissuto integrale, di studio e di applicazione della Torah con cui si balla e si canta. Quando non è così questa gioia sfrenata rischia di scivolare in una forzatura folkloristica e infantile. Ricominciamo pertanto a studiare Torah con passione e regolarità affinchè le Haqqafòt del prossimo Simchat Torah non dovranno sembrare solo un “giro di valzer”.
Roberto Della Rocca, rabbino