In cornice – Cattedrali nel deserto
L’architettura dei grandi “templi maggiori” italiani dell’Ottocento seguiva due modelli: chiese e moschee. Se possiamo comprendere il riferimento alle chiese – unici edifici religiosi monumentali in zona -, il richiamo all’architettura moresca visibile un po’ ovunque da Milano, a Firenze, a Roma ci pare strano. Strano, ma non assurdo, perché gli orientali-sefarditi sono presenti in Italia da secoli e sono in maggioranza in molte nostre comunità, e perché il Mediterraneo, con il Medio Oriente e il Nord Africa, costituisce un’entità omogenea da secoli. Pensate però quanto diventi assurdo costruire sinagoghe con elementi architettonici moresca nel cuore del mondo ashkenazita, nell’Europa settentrionale che si affaccia sull’Oceano.
Fate un giro reale o virtuale all’intero della sinagoga Nozyk di Varsavia, l’unica rimasta dei 400 luoghi di culto della città prima dell’annientamento del ghetto. La cupola dell’aron hakodesh sembra uscita da una moschea, con la sua cupoletta dall’ornamento orientaleggiante, e molto simile è l’aron della sinagoga Choral di Vilnius in Lituania. La Nozyk era stata costruita dagli ebrei riformati e alla Choral si ritrovava la parte meno ortodossa dell’allora grande comunità della città baltica (e infatti includeva un coro). Che dire poi della sinagoga di Budapest, in puro stile moresco, che serviva una grande comunità ashkenazita? Questi grandi edifici dimostrano da un lato la forza dirompente, e allora unitaria, dell’ebraismo riformato, presente con forza in tutte le grandi città in Europa e capace ovunque di imporre una visione dell’ebraismo basata sull’identità di popolo (che viene dall’Oriente) e poco sugli aspetti etici o spirituali. Era allora capace di imporre uno stesso codice estetico, assurdo o meno, in tutta Europa. Oggi poco è rimasto della forza del movimento riformato, e la coesione è del tutto scomparsa a favore di una crescente frammentazione, tanto che ogni tempio riformato sembra seguire regole sue proprie. Sono rimaste cattedrali, pardon, sinagoghe assurde nel deserto di ebrei.
Daniele Liberanome