In cornice – Bezalel
Qual’è stato il primo artista ebreo? La risposta classica dice Bezalel, colui che ha costruito il Tabernacolo e i suoi arredi sotto diretta ispirazione divina. La mia risposta è invece che il primo nostro artista è stato Giacobbe, come dimostra la parashà di questa settimana – Vayetzé. Mentre fuggiva dal fratello, Giacobbe si fermò nel luogo dove sarebbe poi sorta Gerusalemme, si costruì un riparo dagli animali feroci della zona, e si addormentò su una pietra sognando poi gli angeli che salivano e scendevano dalla scala. La mattina, dopo (tradizione di Moise Levy) “prese la pietra che aveva messo attorno alla sua testa, la pose come stele…” In che modo esattamente Giacobbe abbia fatto quest’operazione non è importante: quel che conta è che prese un oggetto qualunque, una pietra, e lo manipolò in qualche modo per farne una stele, un’opera d’arte antica, in questo senso simile al complesso di Stonehenge. Anche lì vennero prese pietre della zona e sistemate in modo da farne un luogo di culto. Più tardi, Giacobbe ormai sposato, strinse un accordo con Labano, secondo cui ogni bovino striato o pezzato che nasceva da quel momento in poi, sarebbe stato suo. Ora, per indurre le mucche a partorire agnelli non bianchi Giacobbe “prese dei rami freschi… e vi cinse delle strisce bianche…poi li collocò presso le vasche dove il gregge veniva a bere…”. Quindi, Giacobbe lavorò il legno creando delle opere, che poi dispose in un qualche modo, compiendo comunque un’operazione diversa da quella eseguita con la pietra/stele: nel primo caso la Torà usa il verbo “lehaziv”, nel secondo “lehazig” che, per di più, è il verbo oggi correntemente tradotto come “esporre” e usato in relazione a mostre in gallerie o musei. Infine, negli ultimi versi della parashà, Giacobbe sancisce l’accordo definitivo con Labano creando un’altra opera. Comincia, apparentemente come ai tempi della fuga, prendendo una pietra che “eresse come una stele”. Come indica l’attento Moise Levy, sembra che qui Giacobbe abbia creato quella stele in modo diverso rispetto alla prima volta, “erigendola” (vayerimeha), e non semplicemente “ponendola” (un’evoluzione nello stile?). Poi chiamò i figli e insieme crearono un cumulo che lui chiamò “galed” in relazione alla forma di questo cumulo, che la Torà chiama “gal” (qui, la traduzione di Moise Levy mi sembra meno convincente, perchè “gal” almeno in ebraico moderno non è affatto un cumulo, ma ha a che fare con le onde e suggerisce una determinata forma data al cumulo). Insomma, senza entrare nei dettagli delle opere di Giacobbe che possiamo solo ipotizzare, resta il fatto che ne creò più d’una, di diverso aspetto e in diverso modo.
Daniele Liberanome, critico d’arte