Storie di fuga e rinascita
Un incontro fra persone che rappresentano i più diversi paesi ma con un forte terno comune per confrontarsi e dialogare può avvenire soltanto in un’assemblea delle Nazioni Unite… o in un gruppo di ebrei. E in effetti ieri alla serata Ebrei dopo il 1960: Alià o Fuga? Dai Paesi arabi a Milano, organizzata da Hamos Guetta per presentare in anteprima il suo film Ebrei fuggiti dai Paesi arabi, svoltasi nell’aula magna della scuola ebraica di Milano, gli ospiti del dibattito erano dei veri e propri delegati delle loro terre natali. Per il Libano Eddi Jamous e Moussy Braun, in rappresentanza dell’Egitto Rolando Cohen e Alberto Ades, dall’Iran Yossi Aminoff e Amir Kohanim, rappresentanti unici per Iraq e Siria, rispettivamente Heskel Gabbai e Miro Silvera, e per la Libia, oltre naturalmente all’anima della serata Hamos Guetta, Vittorio Halfon e la partecipazione straordinaria del Presidente della Comunità ebraica di Milano Walker Meghnagi. Il dialogo ha preso subito la forma di una condivisione vagamente nostalgica di esperienze frutto di un passato che ha molti elementi comuni. Con un sorriso dolceamaro sono state rievocate le colorate atmosfere mediorientali, con il miscuglio religioso e culturale di ebrei, musulmani, cristiani, drusi e armeni, i canti calorosi e il cinema rumoroso grazie al pubblico che si sentiva in dovere di commentare e partecipare all’azione. Tutti hanno sottolineato come in quei luoghi gli ebrei si sentissero a casa, perché si stava davvero bene prima che, in alcuni paesi prima in altri dopo, precipitasse tutto. E poi i racconti della fuga, con le peripezie e gli stratagemmi, i documenti falsi e i nascondigli, con la paura per i familiari che sarebbero andati via più tardi, ma soprattutto quel sentimento di dolore per la partenza misto alla gioia e al sollievo per la salvezza. Durante la proiezione dei filmati ricordi di quegli anni si accalcavano nella mente del gran numero dei presenti in sala che tutto questo l’hanno vissuto, anche da piccoli. Persino per la generazione successiva, nata già in Italia, era interessante osservare le nonne che si emozionavano nel rivedere le immagini dei quartieri di Tripoli e immaginarle giovani che camminavano per quelle strade soleggiate. Per tutta la sera in alto sullo schermo un numero di cellulare a cui mandare messaggi per commentare, fare domande e interagire con gli ospiti. E fra un “grande Hamos!” e chi voleva istituire le quote rosa per l’assenza di donne fra gli ospiti, tanti hanno approfittato per condividere un dettaglio del loro passato. “Purtroppo la maggior parte dei filmati riguardava gli ebrei di Libia, perché è da lì che provengo”, ha spiegato Hamos Guetta al pubblico della comunità milanese, che come si sa è invece riccamente assortita. “Invito anche chi proviene da altri paesi a fare lo stesso, perché la prossima volta ci sia più equilibrio ma soprattutto perché le memorie di queste avventure non vadano perdute”.
Francesca Matalon – twitter @MatalonF