L’Europa divisa
Il voto del 29 novembre sull’ammissione della Palestina alle Nazioni Unite come paese osservatore ha messo a nudo l’inesistenza dell’Unione Europea come entità politica. Infatti, 14 paesi, fra cui l’Italia, hanno votato a favore, mentre 13 paesi non lo hanno fatto, di cui 12 astenuti, e uno contrario. Infondata e fuorviante, dunque, la pretesa che abbiamo letto in diversi reportage giornalistici e commenti politici, che il voto dell’Italia si sia allineato su quello della grande maggioranza dei paesi europei. Il voto dell’Italia, semmai, è quello che ha determinato una maggioranza di paesi favorevoli allo stato palestinese all’interno dell’Unione Europea, maggioranza che altrimenti non ci sarebbe stata. Ma lo sfascio politico della UE è ancora più evidente se si confrontano le scelte dei diversi paesi in occasione dell’ultimo voto all’ONU con quelle di un anno fa sull’ammissione della Palestina come paese membro dell’Unesco. Dei 27 paesi membri dell’UE, 10 hanno votato in entrambe le occasioni a favore della Palestina: Austria, Belgio, Cipro, Finlandia, Francia, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Malta e Spagna; otto paesi si sono astenuti in entrambe le votazioni: Bulgaria, Estonia, Lettonia, Polonia, Regno Unito, Romania, Slovacchia e Ungheria; un paese ha votato due volte contro, la Repubblica ceca. Otto paesi, invece, hanno modificato il loro voto: uno, la Slovenia, è passato da voto favorevole all’Unesco a astensione all’ONU; tre paesi, Germania, Lituania e Olanda, sono passati da voto contrario a astensione; tre paesi, Danimarca, Italia e Portogallo, sono passati da astensione a voto favorevole; e uno, la Svezia, da voto contrario all’Unesco a voto favorevole all’ONU. L’Unione Europea si smembra dunque in ben sette diverse modalità di voto ripartite su due turni. Ci sembra legittimo chiederci se queste diverse modalità riflettano una relazione più generale di timore e di dipendenza dei paesi europei nei confronti del mondo musulmano, nel senso sia della presenza islamica, sia delle future prospettive d’investimento nei rispettivi paesi. Certo, un’Europa tanto politicamente incoerente non può aspirare ad un serio ruolo nella soluzione dei problemi del Medio Oriente.
Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme