Qui Milano – Quale approccio contro il pregiudizio
A pochi giorni dal 27 gennaio, appuntamento che dal 2001 in Italia viene dedicato alla Memoria della Shoah, il progetto Kesher ha proposto una serata per riflettere sullo stato del pregiudizio e sul fenomeno del negazionismo in un dibattito moderato dal rav Roberto Della Rocca, direttore del Dipartimento educazione e cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Chiamati a confrontarsi sul tema la sociologa della Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea Betty Guetta, lo storico Claudio Vercelli, autore de Il negazionismo – Storia di una menzogna (Laterza editore) e il consigliere UCEI Giorgio Sacerdoti, ordinario di Diritto internazionale all’Università Bocconi e presidente del Cdec. L’opportunità e le prospettive di una legge che punisca il negazionismo come reato riconosciuto dal codice penale (il cui iter di approvazione è stato interrotto dalla prematura fine della legislatura) è stata una delle questioni più dibattute.
“Nel domandarsi se sia giusto introdurre una legge contro il negazionismo, l’esigenza di reprimere un fenomeno che genera allarme sociale si scontra con un valore che è particolarmente caro alle società occidentali, quello della libertà di espressione. Il problema assume molteplici sfumature, dalla difficoltà di definizione legale del reato, al rischio che appaia come un’esigenza delle Comunità ebraiche, piuttosto che della società tutta. Tuttavia, al di là di questo, vorrei far notare che l’Italia è comunque obbligata a dotarsi di una previsione legislativa in questo senso dai suoi obblighi europei” ha puntualizzato Sacerdoti, dando lettura della Decisione quadro 913 risalente al 2008, in cui il Consiglio europeo obbliga ciascuno Stato membro ad adottare le misure necessarie affinché siano resi punibili i comportamenti intenzionali volti ad apologia, negazione o minimizzazione grossolana dei crimini di genocidio, contro l’umanità e di guerra, se idonei a turbare l’ordine pubblico o tali da risultare minacciosi, offensivi o ingiuriosi.
Tutti hanno comunque definito fondamentale, per contrastare efficacemente pregiudizi e negazionismo, una maggiore preparazione culturale delle nuove generazioni, compresi gli studenti che escono dalle scuole ebraiche, come ha sottolineato Betty Guetta riportando la sua esperienza di lavoro nelle scuole, compresa quella della Comunità di Milano. Mentre Claudio Vercelli, dopo aver offerto un excursus storico del fenomeno negazionismo, sollecitato da una domanda del pubblico, ha approfondito la situazione ungherese, “resa drammatica dal fatto che l’Ungheria è un paese pienamente integrato nell’Unione europea, che presenta dei requisiti per l’ingresso che oggi non sono più rispettati, senza che la Ue abbia opposto una reazione forte”.
“Nella tradizione ebraica, la tendenza è di mettere in luce ciò che di positivo è venuto dalle esperienze drammatiche – ha concluso rav Della Rocca – Un insegnamento che ci viene anche dall’esperienza della schiavitù egiziana, di cui si racconta il percorso di libertà più che la persecuzione. Bisogna stare attenti a non concepire l’ebraismo in una dimensione museale, limitandosi a proiettarsi come vittime delle tragedie del passato. L’ebraismo deve invece essere vissuto nella vita quotidiana, di cui la Memoria del passato è parte integrante tutti i giorni. Non una volta all’anno”
(22 gennaio 2013)