Qui Roma – Il coraggio di resistere

“Un evento di cui non si parla molto ma di cui andiamo orgogliosi perché abbiamo la consapevolezza del ruolo svolto dagli ebrei italiani nei processi storici del paese”. Così il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna al convegno Il coraggio di resistere svoltosi ieri pomeriggio nella sala polifunzionale di Palazzo Chigi. Tema dell’incontro, tra gli appuntamenti promossi dal Comitato di coordinamento per le celebrazioni in ricordo della Shoah della presidenza del Consiglio dei ministri, i focolai di ribellione e le azioni di resistenza degli ebrei di tutta Europa al nazifsmo e fascismo. Un argomento poco noto, come ha sottolineato il presidente dell’Unione, ma che merita di essere conosciuto e diffuso anche per l’alto valore simbolico che in esso è racchiuso.
Un fermo monito all’impegno contro il razzismo e contro chi ancora oggi diffonde i germi del nazifascismo nella società italiana è quindi arrivato dal ministro della Giustizia Paola Severino, salita sul palco per un breve saluto. Riferendosi agli arresti delle scorse ore a Napoli il ministro, dopo aver parlato di profondo “disagio” e “malessere” per il contenuto delle intercettazioni in mano agli inquirenti, ha invitato a una nuova prova di resistenza declinata come opposizione granitica a ogni manifestazione di odio e di violenza.
Un lungo applauso ha salutato l’intervento del rabbino capo di Tel Aviv, presidente del Consiglio dello Yad Vashem e già gran rabbino ashkenazita d’Israele rav Israel Meir Lau. Sopravvissuto all’inferno di Buchenwald, rav Lau ha parlato del suo ritorno alla vita e si è soffermato, con parole che hanno toccato il cuore dei presenti, sullo strazio interiore provato da quanti, pur scampati alla morte, hanno avuto l’intera esistenza rovinata dalle ombre e dagli incubi dei lager. Un processo che lo stesso rav ben conosce avendo aspettato oltre 60 anni per completare il libro in cui, testimone diretto di quell’orrore, racconta la ‘sua’ Shoah. Le vittime furono più di sei milioni, ha incalzato, “perché nella conta vanno inclusi tutti coloro che le scorie di quel dramma le hanno provate e continuano ancora oggi a provarle sulla loro pelle”. Esiste una sola via d’uscita per loro, ha concluso rav Lau, ed è rappresentata dai giovani, dalle nuove generazioni chiamate a costruire un futuro di pace e di fratellenaza: “Soltanto i ragazzi, confrontandosi con i loro nonni deportati, facendo domande e attendendo risposte hanno la possibilità di aprire i cancelli e far uscire queste persone dalle buie cantine dell’oscurità”. Tra gli ospiti del prestigioso convegno anche gli storici Marcello Pezzetti, Michele Sarfatti e David Silberklang e Anna Nardini del Comitato di ccordinamento. Nell’intervento di Silberklang una panoramica sulle più significative azioni di rivolta che videro gli ebrei d’Europa attivi contro il regime. A partire da quella del Ghetto di Varsavia magistralmente raccontata da uno dei capi dell’insurrezione, Marek Edelman, ma anche delle numerose insurrezioni che la ispirarono e che ad essa seguirono. Resistenza armata e non, ha proseguito lo storico, perché anche l’istruzione, il tentativo di mantenere una solida identità e determinati valori fu una forma fortissima di lotta nel quadro di un’azione ‘politica’ di annientamento dell’identità ebraica. Un concetto che è tornato nelle parole di Marcello Pezzetti, direttore scientifico del Museo della Shoah di Roma. La sua lettura è che sia giunto il momento, all’interno della comunità degli storici, di rivedere il giudizio sulla cosiddetta passività ebraica di fronte Male. “Non è più possibile sostenere globalmente questa tesi”, afferma confutando quanti, sottovalutando l’impatto del fenomeno, continuano a tracciare uno scenario in parte fuorviante e ormai superato dai fatti. Dedicata alla specifica esperienza di lotta partigiana in Italia la lezione di Michele Sarfatti, direttore del Cdec – Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano, che ha spiegato come gli ebrei italiani operarono “quasi sempre in zone di combattimento” e svolgendo, in vari casi, mansioni di grande importanza e autorevolezza. L’esempio più eclatante lo si ha guardando al Comitato incaricato di confermare la condanna a morte di Mussolini i cui effettivi, due su tre, erano in maggioranza ebrei. Con Sandro Pertini, futuro presidente della Repubblica, ad assumersi la responsabilità di quella cruciale decisione Emilio Sereni e Leo Valiani.

Adam Smulevich – twitter @asmulevichmoked

(25 gennaio 2013)