Il calcio, il razzismo e il vento che cambia

Dopo le polemiche, argomento di discussione sui media di mezzo mondo, l’occasione propizia per voltare pagina e rendere gli stadi israeliani “un posto migliore”. Con un lungo intervento apparso sul sito del Jerusalem Post il giornalista Allon Sinai, firma principe della redazione sportiva, interviene in merito agli striscioni razzisti apparsi nella curva del Beitar, principale squadra cittadina, che nel corso di un recente incontro di campionato aveva accolto con l’espressione “il Beitar sarà per sempre puro” il ventilato acquisto di due giocatori in forza al club ceceno Terek Grozny. Un colpo di mercato, in quelle ore ancora non ufficialmente concluso, che aveva suscitato malessere nei supporter più radicali per via del credo religioso dei calciatori – Dzhabrail Kadiyev e Zaur Sadayev (nella foto, il giorno della presentazione) – entrambi di fede musulmana.

Striscioni inquietanti, che avevano fatto indignare il presidente della Repubblica Shimon Peres in persona e che erano stati largamente ripresi – anche se con alcune gravi distorsioni, come ha scritto rav Roberto Della Rocca in un suo commento – dalla stampa italiana e internazionale.

Da allora, ed è passata più di una settimana, sono successe molte cose. I fischi contro il malcapitato Kadiyev da parte dei fan più estremisti del Beitar, la folle esultanza di alcuni di loro per la sconfitta con il Ramat HaSharon, pagine di social network imbrattate di parole e violenza verbale. Un insieme di situazioni che hanno portato nuovamente la tifoseria giallonera, già in passato protagonista di deprecabili imprese a sfondo razziale, nell’occhio del ciclone e il pericolosissimo nesso calcio-curve-politica, una piaga ecumenicamente diffusa nei cinque continenti, al centro del dibattito.

Così, sostiene Sinai, d’ora in poi non sarà più possibile “chiudere un occhio” e la campagna di sensibilizzazione contro il pregiudizio della dirigenza del Beitar e di tutte le persone di buona volontà ripetutamente scontratesi in questi anni con le frange più oltranziste dovranno diventare presupposto di una battaglia comune per addetti ai lavori e tifosi. I primi segnali si sono avuti con l’uscita pubblica di solidarietà dei compagni di squadra dei due calciatori offesi e con altre manifestazioni di affetto e solidarietà trasversali nel mondo della politica e in tutta la società. Il vento, scrive il giornalista, sembra finalmente cambiato.

“Magari l’acquisto di Kadiyev e Sadayev avrà avuto finalità diverse, slegate totalmente da un discorso di identità religiosa o altro. Resta però il fatto che, grazie all’ultima figuraccia – conclude – lo sport israeliano ha preso consapevolezza della strada da percorrere”.

Adam Smulevich – twitter @asmulevichmoked