Il lungo viaggio di Primo Levi e chi ignora la Storia
E dopo Silvio Berlusconi venne la neoeletta “grillina” Roberta Lombardi. Dopo che lui disse, il Giorno della Memoria, che «… dentro questa alleanza ci fu l’imposizione della lotta e dello sterminio contro gli ebrei quindi il fatto delle leggi razziali è la peggiore colpa di un leader, Mussolini, che per tanti altri versi invece aveva fatto bene» arriva lei a rivalutare il «primo fascismo». Posizioni ignoranti della Storia e quindi miserabilmente strumentali o abissalmente viscerali, condivise – temo – da molti, troppi. Di tutto ciò non avrei però più parlato se non avessi letto un libro di Frediano Sessi appena uscito da Marsilio, Il lungo viaggio di Primo Levi. Una lettura che mi impedisce di tacere la rabbia e lo sgomento verso chi ancora ha l’impudicizia di sostenere certe tesi. Sessi ci racconta come si arriva alla gelida notte tra il 12 e il 13 dicembre del ’43, quando un rastrellamento della milizia fascista arresta in valle d’Aosta la piccola banda partigiana affiliata a Giustizia e Libertà e di cui fanno parte Primo Levi, Luciana Nissim, Vanda Maestro. Ci racconta come Primo, Luciana e Vanda arrivano alla Resistenza, come sono traditi, e anche perché Levi di tutto questo parlò così poco.
Stefano Jesurum, giornalista
(7 marzo 2013)