Qui Milano – Quale visione per i musei ebraici
Musei ebraici intesi non come rappresentazione di un popolo antico ed estinto, ma piuttosto come occasione di confronto con un ebraismo sintesi di passato, presente e futuro, un ebraismo vivo e attuale. Così il direttore della Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea Michele Sarfatti ha spiegato il segreto del successo dei musei ebraici che in tutto il mondo costituiscono sempre più uno spunto di riflessione in grado di coniugare storia, insegnamenti, messaggi, non solo attraverso le collezioni, ma spesso a partire dalle stesse strutture, non di rado espressione dei più grandi nomi dell’architettura contemporanea. Questi i temi al centro dell’incontro “La storia degli ebrei nei nuovi musei d’Europa”, organizzato da Fondazione Corriere della Sera, Consolato generale della Repubblica di Polonia in Milano e Cdec. L’occasione è stata non soltanto quella di riflettere sugli sviluppi del Museo dell’ebraismo italiano e della Shoah di Ferrara (tra i relatori anche Carla Di Francesco, direttore regionale per i Beni culturali e paesaggistici dell’Emilia Romagna e membro del consiglio di amministrazione del Meis) e del progetto, di diversa genesi e natura, del Memoriale della Shoah di Milano, con l’intervento dell’architetto Annalisa De Curtis (cui si aggiunge, come ha ricordato Sarfatti, il nascente Museo della Shoah di Roma), ma anche di presentare al pubblico italiano il Museo della storia degli ebrei polacchi di Varsavia, che è stato aperto inaugurato lo scorso 19 aprile in occasione del settantesimo anniversario della rivolta del ghetto di Varsavia. Ospite una relatrice d’eccezione, la curatrice della mostra permanente (che aprirà i battenti nella primavera 2014) e docente della New York University Barbara Kirshenblatt-Gimblett.
“Gli avvenimenti della seconda guerra mondiale sono stati talmente forti e tragici che nell’immaginario collettivo sembrano annullare tutto il resto di ciò che è stata ed è la vita ebraica in Polonia – ha spiegato la professoressa – Per noi invece è importante sottolineare che il museo racconta dieci secoli di straordinaria storia, che prosegue ancora oggi: non vogliamo che i nostri visitatori si concentrino solo sulla galleria dedicata alla Shoah. Dagli oltre 15 mila ingressi che abbiamo registrato durante il primo fine-settimana di apertura, possiamo percepire come la domanda di cultura e di conoscenza dell’ebraismo nel paese sia profonda”.
Il rapporto tra le istituzioni dedicate al ricordo della Shoah e invece quelle dedicate all’ebraismo, con approcci molto diversi, eppure in qualche modo complementari, è stato uno dei punti approfonditi da Sarfatti, che ha ricordato anche una delle sfide cui sono chiamati i musei nel proprio percorso di formazione, quello di reperire gli oggetti, i materiali da esibire nel costruire il proprio percorso didattico. Una sfida che si trova ad affrontare anche il Meis di Ferrara che inaugura oggi la mostra Testa e cuore, con la collezione donata da Cesare Moscati, che rappresenta un primo passo in questa prospettiva. Ripercorrendo l’origine e il percorso del Meis, di cui è stato da poco completato il progetto esecutivo, Di Francesco ha evidenziato le peculiarità derivanti dalla sua collocazione in un’ex struttura carceraria e i legami con la Festa del Libro ebraico che apre in questi giorni.
Gli sviluppi invece del Memoriale che sorge nella pancia della Stazione centrale di Milano e “che costituisce esso stesso un oggetto, un documento testimonianza di ciò che avvenne” sono stati al centro dell’intervento di De Curtis, che ha raccontato come la riqualificazione degli spazi e gli interventi architettonici si siano inseriti nel contesto dell’epoca, perfettamente conservato, per dare vita a un autentico laboratorio di memoria (presente in sala Roberto Jarach, vicepresidente della Fondazione Memoriale della Shoah, e dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane).
Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked
(24 aprile 2013)