Moshè…
Moshè nel corso del suo magistero rabbinico ha preso solo tre decisioni di sua completa iniziativa e senza consultarsi con l’Eterno che, tuttavia, le ha legittimate. Ha rotto le Tavole di fronte al peccato del vitello d’oro, si è separato sessualmente da sua moglie e ha aggiunto un terzo e ulteriore giorno di preparazione al Dono della Torah ai soli due giorni indicati dall’Eterno. Nella parashà di domattina infatti, prima della lettura solenne dei Dieci Comandamenti, troviamo che l’Eterno dice a Moshè: “…recati dal popolo e purificalo oggi e domani…”(Shemòt, 19; 10). Eppure quando Moshè riferisce al popolo comanda loro: “ …preparatevi per tre giorni…” (Shemòt,19; 15). Moshè, il nostro primo Rabbino, anche in quel primitivo stadio della stipulazione del Patto, ha voluto insegnarci che senza l’interpretazione dei Maestri, e senza una adeguata preparazione, non ci può essere una accettazione della Torah. Moshè ha dato dimostrazione della sua leadership aggiungendo un giorno a sua discrezione, anche se ciò significa ritardare di un giorno intero il Dono della Torah, insegnando in tal modo a tutte le generazioni future quale grande responsabiità sia quella dei rabbini di prendere decisioni e quella di ogni ebreo di accettare la loro autorità.
Roberto Della Rocca, rabbino
(14 maggio 2013)