Qui Milano – Tre scuole per rispondere al bisogno di futuro

La frase “non c’è comunità senza scuola” non è solo uno slogan e i direttori delle scuole ebraiche milanesi ogni giorno si trovano di fronte a problemi da risolvere, decisioni da prendere e, fortunatamente, anche a diverse soddisfazioni. Le comunità sono pronte a sobbarcarsi oneri anche molto importanti pur di non rinunciare alle proprie scuole, percepite come le istituzioni che più garantiscono il futuro; la loro importanza e il loro valore non sono trattabili. In una comunità complessa e composita come quella milanese, la rilevanza delle scelte in questo senso è importantissima, sia dal punto di vista di chi deve indirizzare le politiche comunitarie sia da parte delle famiglie che a Milano – caso unico in Italia ‐ hanno la possibilità di scegliere fra ben tre realtà. Incontrare i direttori per fare insieme un primo ragionamento in vista di approfondimenti sulle singole scuole mostra come il lavoro quotidiano di Claudia Bagnarelli, Davide Cohenca, Esterina Dana e Rivka Hazan – in rigoroso ordine alfabetico – non sia né causa né risultato di una divisione interna alla comunità, bensì semplice riconoscimento dell’esistenza di differenti modelli culturali e identitari. Si tratta di una realtà di cui non si può non prendere atto, senza che sia necessario pensare automaticamente che avere più scuole sia un punto debole o un fattore di rischio. Nella scuola della Comunità gli oltre 500 studenti hanno a disposizione una struttura grande e articolata che ospita, oltre alle circa 30 classi, laboratori, palestre, mense, biblioteca, infermeria, auditorium: una piccola città di cui Bagnarelli e Dana vanno fiere. Oltre alla normale programmazione scolastica, cui già si aggiunge il lavoro costante volto a dare agli studenti una valida preparazione e una chiara coscienza della propria identità ebraica, sono molti i progetti di collaborazione con l’esterno. Per esempio con le Università Bicocca e Cattolica – la scuola è da tempo aperta ai tirocinanti – o con esperti in vari campi con una particolare attenzione ai DSA, quei disturbi specifici dell’apprendimento per gestire i quali l’istituto ha anche un validissimo team interno di valutazione e sostegno. Nonostante la stanchezza e le giornate frenetiche le due direttrici sono sorridenti – e molto combattive – e parlano quasi con una sola voce da cui traspare la consapevolezza di essere alla guida di un’eccellenza. Il solo rammarico pare essere per coloro che giudicano negativamente senza essere informati: “Chi viene da noi spesso dà per scontato tutto quello che facciamo, mentre chi non viene non sa”. Ma la collaborazione con le altre scuole ebraiche cittadine è possibile? “Perché no”, sostengono in coro. Dana in particolare sottolinea come si faccia un lavoro costante per moltiplicare le possibilità di apertura e di scambio. Pur non potendo trovarsi d’accordo su tutte le scelte è evidente, sostiene, “che gli spazi per condividere una parte del cammino ci sarebbero, soprattutto su progetti specifici”. Rivka Hazan, direttrice della scuola del Merkos l’Inyonei Chinuch (il ramo educativo del movimento Chabad Lubavitch), al solo sentire la domanda si illumina. “Certo fra noi c’è competizione, ma si tratta di una competizione sana, grazie a cui tutti siamo portati a dare il meglio, a cercare di offrire di più. La collaborazione dipende solo dalla volontà delle persone”. Dichiara fieramente che nella sua scuola non c’è tutto “ma quello che c’è, è buono”. Cosa la inorgoglisce di più? “I miei insegnanti”. Spiega che il lavoro sul gruppo docente è uno dei cardini: visto che il valore dell’esempio è più forte di qualsiasi parola la richiesta è di lavorare su se stessi, sul rapporto con i colleghi, sulla collaborazione. “Abbiamo molti insegnanti non ebrei, cosa che non mi dispiace affatto. Ma le insegnanti ebree – conclude – devono essere rigorosamente osservanti, per noi il valore dell’esempio è fondamentale e non devono arrivare ai ragazzi dei messaggi confusi”. Davide Cohenca, alla Josèf Tehillòt, la scuola forse meno conosciuta della Comunità benché attiva da lunghi anni, ribadisce con forza concetti già espressi dagli altri direttori: “Se ci sono tre scuole e sono popolate si vede che ne abbiamo bisogno. Per me non conta se i ragazzi vanno in una o nell’altra. Mi basta che non si perdano, che abbiano la possibilità di studiare in un ambiente ebraico sano e in cui ricevano dei valori forti”. Sulla collaborazione anche sul piano più tecnico non ha dubbi: “I forum dei direttori sono un’esperienza importantissima. La chiusura è solo una cosa che si percepisce dall’esterno”. Poi riparte, di corsa, verso il prossimo impegno che non può aspettare. Nelle aule di tutte e tre le scuole, intanto, i ragazzi studiano, entrano ed escono, corrono nei corridoi. I docenti si affrettano da una parte all’altra, i direttori devono rispondere a mille domande e fare fronte a mille esigenze, i piccoli giocano e ridono. Si studia, si impara. E si cresce.

Ada Treves twitter @atrevesmoked

Comunità ebraica

La Scuola ebraica di Milano offre la copertura di tutti gli ordini dal nido fino alla secondaria di secondo grado. Parte integrante della Comunità, è stata inaugurata nel 1929 con l’avvio delle prime classi della scuola dell’infanzia e con quelle di primo grado. Nel 1939, in seguito alle leggi razziste, viene estesa anche ai restanti ordini grazie ad alcuni benefattori che successivamente finanzieranno la costruzione di quell’edificio che ancora oggi resta il principale nucleo di tutte le attività. Le materie ebraiche sono coniugate a quelle curricolari della scuola italiana. L’insegnamento della lingua ebraica inizia dalla scuola dell’infanzia e il livello di preparazione raggiunto dagli studenti permette il riconoscimento dell’ebraico stesso come materia d’esame alla maturità. Info: www.fondazionescuolaebraica.it

Merkos

Le Scuole ebraiche del Merkos L’Inyonei Chinuch (il ramo educativo del movimento Chabad Lubavitch) comprendono tutti gli ordini, da quella dell’infanzia alla secondaria di secondo grado (per ora solo femminile) che permette di accedere alle università israeliane dopo aver superato le bagruiot, gli esami che le studentesse del Merkos si stanno preparando ad affrontare per la prima volta proprio in questi giorni. Info: www.scuoladelmerkos.it

Josèf Tehillòt

Le Scuole Josèf Tehillòt si suddividono su tre sedi che, a distanza di pochi isolati l’una dall’altra, comprendono tutti gli ordini scolastici. La secondaria di secondo grado è organizzata in lezioni private, pensate secondo le richieste delle famiglie. I ragazzi iscritti devono fare un esame alla fine di ogni anno per il riconoscimento del loro percorso di studi. Gran parte del corpo docente è in possesso dell’attestato per l’insegnamento secondo il metodo Feuerstein. Info: www.josef‐tehillot.com

Sfide, nodi irrisolti e speranze in cerca della piena sostenibilità

Sul fatto che la scuola costituisca il cuore della Comunità sono d’accordo tutti. Oggi però dell’istituto da cui sono passati generazioni di ebrei milanesi si parla con grande preoccupazione: l’insostenibilità economica anno dopo anno rischia di minarne le prospettive. Causa primaria un costante calo di allievi da quando la struttura fu realizzata negli anni ‘60 a oggi. Un calo che in parte riflette quello degli iscritti, in parte si è aggravato per la concorrenza di altri due istituti ebraici a Milano, il Merkos e il Yosef Tehillot. E così, mantenere tre indirizzi di liceo (scientifico, tecnico e linguistico) è divenuto difficile. Candidandosi alle elezioni comunitarie nel 2012, l’attuale assessore alle scuole Daniele Schwarz ha fatto dell’impegno sul tema il suo punto qualificante. La sua ricetta per la sostenibilità passa da un concetto semplice: migliorare la scuola, rendendola un’opzione cui le famiglie non devono voler rinunciare. “Oggi siamo al minimo storico di iscritti e se consideriamo quelli paganti è ancora peggio. È dall’attrarre gli allievi che dobbiamo ripartire”. Potenziamento delle lingue e dell’informatica, didattica basata sulle nuove tecnologie, continuità tra ordini scolastici alcune delle idee in campo. “La nostra scuola è in grado di accogliere un bambino a 12 mesi e seguirne l’educazione fino ai 19 anni – sottolinea Schwarz – Dobbiamo valorizzare al massimo questa potenzialità davvero unica”. Tra le prospettive future considerate importanti vi è anche la collaborazione con le altre scuole ebraiche milanesi e con le scuole comunitarie di Roma, Torino e Trieste. Un tema che segue da vicino anche Raffaele Turiel, assessore alle scuole UCEI, ma anche consigliere a Milano nella Commissione dedicata. “Penso ‐ afferma ‐ che la situazione economica sia difficile soprattutto perché per anni si è rimasti fermi senza decidere. A Torino hanno scelto di aprire ai non iscritti alla Comunità. A Roma, grazie a una politica sulle rette, oggi la scuola lavora a piena capacità. Bisogna però notare come la crisi della scuola comunitaria non corrisponda a una crisi dell’educazione ebraica. Se mettiamo insieme gli allievi dei tre istituti arriviamo a un numero superiore ai record raggiunti quando la Comunità aveva quasi il doppio degli iscritti. Il problema è stato l’incapacità di quest’ultima di andare incontro alle esigenze di una preparazione ebraica più approfondita richiesta da tanti utenti. Viceversa la scuola non può risolvere tutti i problemi. Se un genitore vuole togliere un ragazzo al liceo perché ritiene sia il momento che si apra alla società, non si può fare molto per trattenerlo”. Mentre le sinergie sono ancora in fase di studio, si cercano altre idee. Una delle ipotesi è quella di rendere la scuola indipendente e gestita da un board in cui un ruolo essenziale, accanto a quello della Comunità, sia ricoperto dalla Fondazione Scuola. “Dopo un impegno di molti anni, oggi la Fondazione è ormai accreditata come l’ente di fund raising della scuola – spiega il presidente Marco Grego – Di una possibile gestione indipendente si discute da tempo. Se ne parlò anche in una serata che organizzammo prima delle elezioni. Allora come oggi, uno dei punti più controversi è quello della scelta degli eventuali altri enti cui aprire il board”. La Fondazione lancerà inoltre il 2 giugno 2013 la sua associazione Alumni nell’ottica di valorizzare le esperienze degli ex allievi sparsi per il mondo e di crearne un network. “Penso che l’unica soluzione che consentirebbe di mantenere nel tempo l’attuale struttura della scuola sia un intervento statale, qualsiasi altro rimedio costituirebbe un palliativo ‐ l’opinione di Avram Hason, che si è occupato in prima persona di queste tematiche nel Consiglio comunitario 2010‐2012, e prima in quello 2006‐2010 ‐ Altrimenti sarà necessario cambiare, anche in maniera creativa, per esempio trovando sinergie con scuole pubbliche”.

Rossella Tercatin

“I miei 35 anni di insegnamento”

“Una scuola meravigliosa”. Nella Comunità ebraica di Milano Paola Sereni è quasi una leggenda. E non potrebbe essere altrimenti, dati i 35 anni trascorsi a insegnare Dante e Manzoni ai ragazzi del liceo della scuola ebraica, di cui 25 da preside (1975- 1999). Oggi la professoressa, che ha ricoperto anche l’incarico di assessore alla scuola tra il 2010 e il 2012, può raccontare meglio di chiunque altro cosa l’istituto ha rappresentato per l’ebraismo milanese. Già allieva da bambina negli anni delle leggi razziste, vi ritornò nel 1964, con la sua laurea in lettere antiche. “Mi proposero di prendere la nascente quarta sezione di prima media. Ma poi, in settembre, scoprii che il numero degli iscritti non si era rivelato sufficiente e così tornai a casa con la coda tra le gambe”. Eppure, ricorda con commozione, quello di insegnare alla scuola ebraica doveva essere il suo destino. La professoressa di lettere della prima scientifico si ammalò e non poté tornare in classe, così le chiesero di sostituirla. “Avevo dedicato un’intera estate ai programmi delle medie, ma accettai. Furono anni meravigliosi, studiai per i miei allievi e insieme a loro. E al termine del biennio, i ragazzi scrissero una lettera al preside, il rav Davide Schaumann, per chiedere che io potessi essere ‘promossa’ al triennio con loro. E così fu”. Nel 1975 Paola Sereni diventa lei stessa preside, pur continuando con l’insegnamento, la sua grande passione. “Eravamo una scuola meravigliosa, aperta, con uno straordinario spirito di collaborazione. La preparazione dei nostri ragazzi era leggendaria in tutta la città”. Nel frattempo arrivavano in Comunità sempre più famiglie cacciate dai paesi arabi e dalla Persia, ma l’integrazione in aula, secondo la professoressa, non creava particolari problemi. Negli anni ’80 sono molte le novità. L’istituto aderisce alla riforma Brocca. “Avevamo bisogno di rinnovamento e questo strumento – ricorda – ci permise adattare i programmi ministeriali alle nostre esigenze, con una maggiore integrazione tra gli indirizzi per le materie comuni. Non sopportavo che il tecnico venisse considerato un percorso di serie B”. Fra le prime in Italia, la scuola introduce l’informatica. Ma soprattutto ebraico ed ebraismo divennero materie curriculari. “Insieme al presidente della Comunità Giorgio Sacerdoti, all’assessore alle scuole Roberto Jarach, e al vicepreside Davide Nizza, ci impegnammo in una battaglia per dare importanza a corsi che molti allievi sembravano considerare secondari. Per la scuola ebraica fu una svolta fondamentale.