Kasherut
Nel corso dell’ultima presentazione dell’ultimo volume della Rassegna mensile di Israel «Gli animali e la sofferenza. La questione della Shechità e i diritti dei viventi», organizzata a Napoli dalla Comunità, dal Dipartimento Educazione e cultura dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, dall’Università Suor Orsola e da altri, si è tornato a discutere del significato profondo della kasherut, l’insieme delle regole alimentari ebraiche. Molte di queste norme, così come vari passi delle Scritture, tendono a minimizzare la sofferenza degli animale e a limitare l’abbrutimento degli uomini.
Gli ebrei non devono cibarsi del sangue dell’animale macellato perché non si deve gioire della morte di un essere vivente, non possono mangiare pezzi di animali vivi, devono rispettare gli quelli domestici, per esempio, sfamandoli prima dei propri pasti. Questi e molti altri precetti rimandano all’idea che l’Uomo non sia proprietario della Terra, ma l’abbia in custodia per volere divino, e che abbia dunque l’obbligo di tutelarla e rispettarla quanto e più possibile. Esattamente ciò che non accade oggi, con uno sfruttamento eccessivo delle risorse naturali e con una strage indecente negli allevamenti e nei macelli industriali.
Un sistema industriale responsabile dell’inquinamento atmosferico e di molte malattie umane, ingiustificabile dal punto di vista etico. Parlando con i veterinari si scopre che esisterebbero molte soluzioni possibili per migliorare la vita, il trasporto e la macellazione dell’animale. Basterebbe volerlo. Tra le proposte emerse quella di progettare un macello “virtuoso”, in cui prima della morte l’animale non sia esposto a sofferenze e stress inutili. L’obiezione è facile: in un momento di crisi, in un paese che non riesce nemmeno a costruire nuove carceri, chi può spendere i soldi per un macello?
Ma la risposta è altrettanto chiara. Possiamo definire kasher un animale solo in base a come viene ucciso, ignorando completamente le condizioni aberranti in cui viene allevato, contrarie da ogni punto di vista allo spirito della kasherut? Gli ebrei italiani, così efficienti nella protesta su molti argomenti, non possono farsi promotori di una battaglia culturale e civile su questo tema? Non sarebbe una testimonianza efficace di minoranza come “avamposto democratico”?
La prossima presentazione della Rassegna è in programma a Roma il 17 giugno alle ore 18 presso il Centro bibliografico dell’Unione delle comunità.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas Twitter: @tobiazevi