Senza i giovani non c’è progetto
Le nuove generazioni offrono ideali, mettono in campo interrogativi. E chiedono chiarezza, vogliono crescita, lavoro. Solo banalità? Per nulla, se si osserva la società in cui viviamo, flagellata da un tasso di natalità fra i più bassi nel mondo occidentale, da una crisi economica apparentemente inarrestabile e da una decrescita del mercato del lavoro preoccupante. Ma investire sui giovani non significa solo respingere gli egoismi e combattere la crisi. Significa anche raccogliere nuove domande. Trovare assieme l’energia per individuare risposte condivise fra le generazioni. I giovani non hanno bisogno di assistenzialismi, e men che meno di retorica, ma di una mano tesa, di ascolto, della dimostrazione che è possibile fare progetti assieme. Lo dimostrano molti spunti contenuti nel dossier di questo numero, dedicato ai grandi temi e ai grandi problemi dell’economia, dei mercati finanziari e del mercato del lavoro. Temi questi cui la redazione ha in programma di dedicare un seminario a Firenze nel mese di giugno. Ma lo dimostra anche il recente e lacerante dibattito scaturito in seno all’Unione dei giovani ebrei d’Italia sulle tematiche identitarie. Non c’è bisogno di condividere le opinioni emerse nei loro dibattiti per comprendere che i giovani ci donano un’occasione straordinaria: quella di interrogarci su chi siamo e su dove vogliamo andare. Quella di parlare dei problemi reali senza nasconderci dietro le mistificazioni. E quella di guardare assieme, se ne saremo capaci, verso lo stesso orizzonte.
Pagine Ebraiche, giugno 2013
(30 maggio 2013)