Time out – Chi minaccia la libera istruzione
A prescindere dagli esiti e dal numero di partecipanti, il referendum di Bologna sulla scuola costituisce un precedente pericoloso. Il fatto che in molti, e anche fuori dalla città emiliana, abbiano trovato ragionevole mettere in dubbio il diritto delle scuole paritarie a ricevere fondi è cosa che dovrebbe preoccupare molto gli ebrei italiani. Nel caso in questione si discuteva del milione di euro destinato alle scuole non statali. I promotori del referendum, guidati da Rodotà, sostenevano infatti che questo avrebbe leso la scuola pubblica a cui invece quei fondi sarebbero dovuti essere destinati. Legittimo, qualcuno riterrà, se non fosse che a trarre in inganno da anni è la demagogica identificazione tra scuola pubblica e scuola statale. Pensare infatti che lo Stato debba essere l’unico ente ad erogare l’istruzione è un concetto caro ai peggiori totalitarismi. Risponde a quella visione per cui in nome di un fine superiore e comune spetti allo Stato etico decidere quali valori trasmettere e quali no. La realtà però, per fortuna è un’altra. Le scuole paritarie, come quelle ebraiche e quelle cattoliche per esempio, sono perfetti esempi di scuola pubblica seppur gestiti da privati. Queste ampliano semplicemente il servizio per i genitori con minori costi per le tasche dei contribuenti. Se pensate che infatti a Bologna lo scuola statale costa ai contribuenti 36 milioni di euro per il 77% degli studenti, mentre la paritaria solamente uno (il 2,8% del totale per il 23% di alunni) si comprende bene quali altri vantaggi questo porti alla collettività. Non che questo significhi che la scuola statale vada abolita, tutt’altro; solo che questa battaglia appare più come un vezzo ideologico che come la reale volontà di garantire il diritto alla scuola per tutti. Ma è di questo atteggiamento che dovremmo preoccuparci. Dell’aspirazione di qualcuno a vivere in una società in cui voci alternative invece che essere valorizzate vengono escluse. Come se la ricchezza di una società non dipendesse proprio dalla capacità di saper aumentare spazi di condivisione e non di limitarli. Un rischio o un’opportunità che noi ebrei dovremmo comprendere meglio di tutti e che dovrebbe spingere ad impegnarci in una battaglia, quella per il diritto a forme d’istruzione alternative, troppo spesso dimenticata.
Daniel Funaro
(30 maggio 2013)