Qui Verona – Un nuovo Sefer per la Comunità
A Verona centinaia di persone in sinagoga per un evento storico: l’ingresso di un Sefer Torah. Il primo, a parte quelli già in uso, ad essere accolto nel Tempio dal momento della sua inaugurazione (29 settembre 1929). Su tutti un commento, quello del vicepresidente della Comunità veronese e consigliere UCEI Roberto Israel, riassume il senso di una giornata indimenticabile. “Le emozioni sono state tante, tutti hanno abbracciato i nostri sefarim. Ogni passo – afferma – era leggero e non vedendo i tuoi piedi pensavi di fluttuare nell’aria”. Tempio gremito in ogni ordine di posto.
Presenti alla cerimonia, oltre alla dirigenza comunitaria al gran completo, al rabbino capo Cesare Moscati e a numerosi iscritti, i rabbini rav Alberto Sermoneta (Bologna), rav Adolfo Locci (Padova) e rav Gili Benyamin (Venezia), il presidente della Comunità di Trieste Alessandro Salonichio e il suo omologo ferrarese Michele Sacerdoti. Con loro anche il vicepresidente della kehillah romana Giacomo Moscati, il presidente nazionale dell’Adei Wizo Ester Silvana Israel e, in rappresentanza dell’amministrazione cittadina, l’assessore Antonio Lella. Dopo il completamento delle ultime dieci lettere del nuovo Sefer con la consulenza del rav e sofer Amedeo Spagnoletto, il presidente della Comunità Carlo Rimini, in un crescendo di emozioni, ha accompagnato i rotoli all’interno dell’Aron HaKodesh.
A seguire numerosi interventi: rav Moscati, tra gli altri, ha parlato dell’importanza della Torah citando nello specifico il valore anche simbolico del recente ritrovamento di un antichissimo Sefer a Bologna. “L’ingresso di un nuovo sefer Torah – ha spiegato – è un evento rilevante non solo per la nostra Comunità ma per tutto l’ebraismo. È un qualcosa che ci lega con le vecchie generazioni, ci proietta nel futuro e ci fa vivere il presente con gioia ed emozione nell’adempiere gli insegnamenti del Signore”. Un contributo è arrivato anche da rav Sermoneta, rav Locci, rav Havi e dal presidente Rimini. La comunità ebraica, è stato ricordato, è presente a Verona da circa un millennio. Agli inizi dell’Ottocento aveva due sinagoghe: una askenazita e una sefardita. Con l’abbattimento delle porte del ghetto e l’emancipazione, gli ebrei veronesi, che raggiungevano all’epoca più di mille iscritti, iniziarono i lavori per la costruzione di un unico grande Tempio. Per le difficoltà economiche e burocratiche i lavori vennero sospesi e ci si accontentò di un oratorio provvisorio ritenuto idoneo a poter svolgere le funzioni di culto. L’opera fu completata soltanto nel secolo successivo: l’inaugurazione risale infatti, come detto, 29 settembre del 1929 (24 Elul 5689).
Nella notte che ha preceduto la cerimonia di Hacnasat Sefer alcuni vandali a volto coperto hanno preso di mira il luogo di culto con scritte e simboli antisemiti. Ferma la reazione congiunta di Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e Comunità veronese che in una nota, firmata dal presidente UCEI Renzo Gattegna, da Carlo Rimini e Roberto Israel affermano: “L’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e la Comunità ebraica di Verona condannano l’azione antisemita che ha portato all’imbrattamento dei muri della sinagoga con scritte e simboli che richiamano a un periodo oscuro per l’Italia e per il mondo intero. Un’azione particolarmente odiosa perché avvenuta alla vigilia dello storico ingresso di un nuovo Sefer Torah in Tempio con l’intento di rovinare una festa che è stata invece densa di emozioni e momenti di grande suggestione. Riteniamo che proprio il successo ottenuto dall’iniziativa, capace di richiamare a Verona centinaia di persone da tutta Italia lasciando una traccia memorabile nella vita di questa Comunità, sia la miglior risposta a chi vigliaccamente fomenta sentimenti di odio e violenza. Unitamente a questo aspetto vogliamo sottolineare l’immediata solidarietà e il concreto impegno per l’individuazione dei responsabili manifestatoci dalle istituzioni veronesi e dalle forze dell’ordine.”
“Nell’esprimervi la mia solidarietà e di tutto il Consiglio – afferma in una nota il presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici – vi esorto a rispondere con un’altra festa, magari pubblica. Amalek vuole annichilire i nostri sentimenti e provare a rinchiuderci nelle nostre case, provando ad isolarci con la società civile. Ma noi non dobbiamo cadere nella loro trappola”.
(3 giugno 2013)