Maturità 2013 – “L’infinito viaggiare” Claudio Magris parla ai giovani italiani
“Non c’è viaggio senza che si attraversino frontiere – politiche, linguistiche, sociali, culturali, psicologiche, anche quelle invisibili che separano un quartiere da un altro nella stessa città, quelle tra le persone, quelle tortuose che nei nostri inferi sbarrano la strada a noi stessi. Oltrepassare frontiere; anche amarle – in quanto definiscono una realtà, un’individualità, le danno forma, salvandola così dall’indistinto – ma senza idolatrarle, senza farne idoli che esigono sacrifici di sangue. Saperle flessibili, provvisorie e periture, come un corpo umano, e perciò degne di essere amate; mortali, nel senso di soggette alla morte, come i viaggiatori, non occasione e causa di morte, come lo sono state e lo sono tante volte. Viaggiare non vuol dire soltanto andare dall’altra parte della frontiera, ma anche scoprire di essere sempre pure dall’altra parte”. Questo l’incipit del brano che si sono trovati davanti gli studenti italiani impegnati nel tema di maturità 2013 per la traccia di analisi del testo. Un brano tratto da “L’infinito viaggiare” di Claudio Magris (Mondadori, 2005), opera prescelta dal Ministero dell’Istruzione per quella che tradizionalmente rappresenta una delle tipologie di prove più popolare tra i maturandi. Il libro raccoglie appunti e riflessioni dello scrittore tra il 1985 e il 2004. La traccia chiama gli studenti a soffermarsi, oltre che sull’idea di viaggio, anche su quella di frontiera. Un tema molto caro a Magris, e fondamentale per la sua città Trieste, che le suggestioni e le ferite portate dai confini e dalla loro evoluzione ha conosciuto forse più che qualunque luogo in Italia. Questioni discusse anche nell’intervista che il professore ha rilasciato a Pagine Ebraiche negli scorsi mesi, in cui non era mancato un pensiero per le nuove generazioni. “Abbiamo compiuto grandi conquiste, ma anche fatto molti passi indietro. I propagandisti dell’odio rialzano la testa. I localismi strumentali sono strumentalizzati solo per alimentare le divisioni, mai le ricchezze culturali. ‘Una cosa è essere napoletano, una cosa è fare il napoletano’, mi ha detto una volta il mio amico Raffaele La Capria. La verità, cito l’autore bavarese Karl Valentin, è che ‘Il futuro non è più quello di una volta’ e i giovani che possono godere di tanti progressi corrono il rischio di perdere il bene più prezioso, il gusto della speranza e degli ideali, l’idea che il mondo va cambiato e non solo amministrato”.
Un augurio che i ragazzi che si affacciano al futuro nel 2013 è importante portino nel cuore.
(nell’immagine Claudio Magris ritratto da Giorgio Albertini)
Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked
Il brano integrale scelto per la Maturità 2013
Non c’è viaggio senza che si attraversino frontiere – politiche, linguistiche, sociali, culturali, psicologiche, anche quelle invisibili che separano un quartiere da un altro nella stessa città, quelle tra le persone, quelle tortuose che nei nostri inferi sbarrano la strada a noi stessi. Oltrepassare frontiere; anche amarle – in quanto definiscono una realtà, un’individualità, le danno forma,salvandola così dall’indistinto – ma senza idolatrarle, senza farne idoli che esigono sacrifici di sangue. Saperle flessibili, provvisorie e periture, come un corpo umano, e perciò degne di essere amate; mortali, nel senso di soggette alla morte, come i viaggiatori, non occasione e causa di morte, come lo sono state e lo sono tante volte.Viaggiare non vuol dire soltanto andare dall’altra parte della frontiera, ma anche scoprire di essere sempre pure dall’altra parte.
In Verde acqua Marisa Madieri, ripercorrendo la storia dell’esodo degli italiani da Fiume dopo la seconda guerra mondiale, nel momento della riscossa slava che li costringe ad andarsene, scopre le origini in parte anche slave della sua famiglia in quel momento vessata dagli slavi in quanto italiana, scopre cioè di appartenere anche a quel mondo da cui si sentiva minacciata, che è, almeno parzialmente, pure suo.
Quando ero un bambino e andavo a passeggiare sul Carso, a Trieste, la frontiera che vedevo, vicinissima, era invalicabile – almeno fino alla rottura dei rapporti fra Tito e Stalin e alla normalizzazione dei rapporti fra Italia e Jugoslavia – perché era la Cortina di ferro che divideva il mondo in due.Dietro quella frontiera c’erano insieme l’ignoto e il noto. L’ignoto, perché là cominciava l’inaccessibile, sconosciuto, minaccioso impero di Stalin, il mondo dell’Est, così spesso ignorato, temuto e disprezzato. Il noto, perché quelle terre, annesse dalla Jugoslavia alla fine della guerra, avevano fatto parte dell’Italia; ci ero stato più volte, erano un elemento della mia esistenza. Una stessa realtà era insieme misteriosa e familiare, quando ci sono tornato per la prima volta è stato contemporaneamente un viaggio nel noto e nell’ignoto. Ogni viaggio implica, più o meno, una consimile esperienza: qualcuno o qualcosa che sembra vicino e ben conosciuto si rivela straniero e indecifrabile, oppure un individuo, un paesaggio, una cultura che ritenevamo diversi e alieni si mostrano affini e parenti. Alle genti di una riva quelle della riva opposta sembrano spesso barbare, pericolose e piene di pregiudizi nei confronti di chi vive sull’altra sponda. ma se ci si mette a girare su e giù per un ponte, mescolandosi alle persone che vi transitano e andando da una riva all’altra fino a non sapere più bene da quale parte o in quale paese si sia, si ritrova la benevolenza per se stessi e il piacere del mondo.
Claudio Magris (L’infinito viaggiare – 2005)
(19 giugno 2013)