…solitudine
Si parlerà, alle 17 di oggi alle Murate di Firenze, di “Eichmann o la banalità del male” (Giuntina) un libro che mette al centro la riflessione di Hannah Arendt e la sua esperienza, umana, emozionale, intellettuale sul processo Eichmann e del suo libro “Eichman a Gerusalemme” in Italia più noto con il titolo “La banalità del male”. Di quel libro,che oggi tutti considerano un classico, mi ha sempre colpito la sua solitudine: in Italia quando Feltrinelli coraggiosamente lo pubblicò nel 1964 nessuno – letteralmente – spese un minimo di tempo a parlarne; perché tornasse timidamente a comparire in libreria ci vollero 28 anni, un’intera generazione culturale; ce ne vollero altri 9 (eravamo ormai nel 2001 ed eravamo alla Prima Giornata della memoria) perché finalmente entrasse in una collezione tascabile e dunque economica. E io mi chiedo: ma perché per quaranta anni, nessuno ha mai pensato che quel libro fosse un classico? E a voler essere aspro mi chiedo: ma tutti quegli intellettuali che fanno professione di libero pensiero e di anticonformismo (dovunque collocati), dov’erano?
David Bidussa, storico sociale delle idee
(23 giugno 2013)