Ebrei e giustizia sociale
Nel novembre 1938, la rivista americana “Collier’s Weekly” pubblicava un articolo firmato da Albert Einstein in cui la “vittima più famosa dell’antisemitismo” (così veniva chiamato lo scienziato nella presentazione) spiegava le ragioni che, secondo lui, avevano portato gli ebrei a divenire oggetto di “persecuzione organizzata” in Germania, Italia e ogni altro luogo. L’articolo è facilmente scaricabile da internet e vi si leggono, tra le altre cose, parole che delineano un attaccamento personale e consapevole alle radici essenziali dell’ebraismo. Secondo Einstein, gli ebrei si distinguono per gli investimenti in campo intellettuale e culturale, i quali impressionano a fronte degli ostacoli eretti a loro danno dalla Storia. Eppure, e questo è curioso, la prima caratteristica distintiva che lo scienziato attribuisce al suo popolo è un’altra ed è formulata in una sintesi perspicace e originale: “Il legame che ha tenuto uniti gli ebrei per migliaia di anni e che li tiene uniti oggi è, soprattutto, l’ideale democratico della giustizia sociale, assieme all’ideale dell’aiuto reciproco e della tolleranza tra tutti gli uomini. Anche le più antiche scritture religiose ebraiche sono improntate a questi ideali sociali che hanno contagiato potentemente la Cristianità e l’Islam, e hanno esercitato un influsso benefico sulla struttura sociale di gran parte dell’umanità. Si pensi in tal senso all’introduzione del giorno di riposo settimanale: una benedizione profonda per tutta l’umanità. Personalità come Mosé, Spinoza e Karl Marx, per quanto diverse tra loro, hanno vissuto e sacrificato se stesse per l’ideale della giustizia sociale ed è stata la tradizione dei loro progenitori a condurle su quell’impervia strada. I traguardi eccezionali degli ebrei in campo filantropico scaturiscono da questa medesima sorgente”.
Laura Salmon, slavista
(12 giugno 2013)