Bambini
A quanto pare, basta essere un bambino e palestinese per avere la licenza di tirare sassi contro chiunque tu desideri. E poco importa che quei sassi colpiscano altri bambini della stessa età come Adele Bitton che per quelle pietre ha passato quattro mesi in ospedale rischiando di morire, perché se i sassi li tiri contro un israeliano – per dirla alla Amira Hass – questo non è più un atto di violenza, ma una metafora di resistenza. Così ci ritroviamo sui giornali italiani strane lezioni di civiltà sul fatto che Israele ha addirittura fermato un bambino che tirava sassi per riconsegnarlo ai genitori senza che nessuno, ovviamente, gli torcesse un dito. Ma per Israele neanche l’ovvio è più sufficiente e oltre a doverci sorbire i predicozzi di alcuni giornalisti che dimenticano che in Italia, a Padova, è accaduto ben di peggio senza che nessuno sparasse a zero sull’intera civiltà di un intero paese, a noi ebrei italiani ci tocca ascoltare pure gli intellettuali alla Gad Lerner che su Twitter ci informa che quel bambino di Hebron in lui provoca una profonda vergogna. Non si capisce se come italiano o come ebreo lui provi vergogna, in entrambi i casi non ce n’era bisogno. Però si sa, che al contrario di come diceva un vecchio adagio a parlar male d’Israele non si fa peccato, ma spesso neanche ci si azzecca.
Daniel Funaro