Qui Trieste – Con il Cdec per interpretare la società
La necessità di saper interpretare in modo corretto la qualità e i risultati provenienti dalle ricerche sociologiche e dai sondaggi: ecco una competenza necessaria ad ogni giornalista. Questo uno dei messaggi forti che Betti Guetta, responsabile dell’Osservatorio del pregiudizio antiebraico del Centro di documentazione ebraica contemporanea CDEC, ha saputo dare ai presenti, nel corso dell’incontro svoltosi a Trieste durante il laboratorio giornalistico Redazione Aperta.
La conservazione della memoria dell’ebraismo italiano è il fulcro intorno al quale ruota tutta l’azione del Centro, costituito nel 1955 dalle Federazione Giovani Ebrei d’Italia (FGEI) e si è realizzata attraverso la costruzione di una biblioteca, di un archivio fotografico, e prosegue con la raccolta, attraverso interviste di tipo qualitativo, delle storie e delle usanze di quanti, nel mondo, hanno lasciato le proprie comunità di origine per vivere in Italia.
L’osservatorio seguito da Betti Guetta, in particolare, raccoglie da anni la documentazione relativa a minacce, offese, lettere anonime, producendo una relazione periodica in cui, tra l’altro, i dati vengono aggregati per poter descrivere in modo globale il fenomeno.
Ha definito “antisemitismo liquido” il prodotto di questo atteggiamento applicato sui social network, che ha modificato notevolmente le modalità di acquisizione ed analisi di questo fenomeno, dotato di molte dimensioni concettuali interne e richiedendo una preparazione molto più articolata per poterlo analizzare e valutare.
Ed è cambiato, probabilmente riducendosi, anche il “peso cognitivo” che tali affermazioni hanno su chi le legge, essendo questo mezzo mediatico molto labile grazie alla sua natura essenzialmente virtuale e sovrabbondante, rispetto a una notizia che appare sulla stampa prodotta su un supporto cartaceo.
A ciò si aggiunge l’importanza di saper considerare anche la specificità legata alla nazione da cui questi dati provengono: non tutte le realtà sono infatti paragonabili e confrontabili fra loro, la qual cosa rende molto complessa la realizzazione di banche dati internazionali che tengano conto di ciò in fase di elaborazione dei dati raccolti.
Proprio per questo, il lavoro di chi raccoglie e analizza tutto ciò (sociologi, analisti, politici, ad esempio) e di chi, come i giornalisti trasforma tali analisi in notizie, deve essere ben consapevole di quali, fra le tantissime informazioni, siano davvero fonte di rischio reale, dando il giusto peso nel momento in cui le si offre all’opinione pubblica o si attende un’azione politica conseguente.
È importante inoltre comprendere che il livello di attendibilità di un sondaggio o di una ricerca di questo tipo dipende in larghissima parte dalla loro modalità di costruzione, per la quale non basta la preparazione teorica, ma è necessaria soprattutto una grande esperienza maturata sul campo, che permetta di cogliere le incongruenze e di far emergere ciò che davvero sia sostanziale.
Anche un buon giornalista deve essere in grado di distinguere fra una buona e una cattiva ricerca, fra un sondaggio costruito con attenzione e un altro non adeguatamente impostato, avendo ben chiaro che c’è una grande differenza fra un’intervista a risposte aperte (più articolata, che affronta i temi con maggior approfondimento) e chiuse (più facilmente analizzabile statisticamente, ma spesso più superficiale).
Una grande opportunità per i giovani che partecipano quest’anno a Redazione Aperta, avere l’occasione di incontrare persone che, come Betti Guetta hanno competenza, esperienza, sensibilità, voglia e capacità di condividerla alle nuove generazioni.
Paola Pini
(21 luglio 2013)