Qui Milano – Comunità al lavoro
per il primo Jewish and the city

jacSi preannuncia un’estate caldissima per la Comunità ebraica di Milano. Fervono infatti i preparativi per la prima edizione di Jewish and the City, il festival internazionale di cultura ebraica che si svolgerà nel capoluogo lombardo dalla sera di sabato 28 settembre fino al martedì 1° ottobre 2013. E la kehillah, senz’altro portatrice di anime molto diversificate, per origine geografica e matrice culturale, sembra essersi trasformata in un cantiere, con le idee al posto dei mattoni e tante proposte ed entusiasmo da trasformare in progetti operativi. D’altronde è la decisione stessa di dare vita a questa rassegna, una sfida impegnativa ma anche affascinante per una città che risponde sempre con grandissimo interesse alle iniziative proposte dalla Comunità, dai programmi della Giornata europea della cultura ebraica all’apertura della sinagoga centrale in occasione di Bookcity, a rappresentare un esperimento in questa direzione. Il progetto infatti è stato portato avanti da un gruppo di persone differenti tra loro, che si sono ritrovate con l’idea di lavorare su qualcosa che rappresentasse l’ebraismo bello, vivo, e la sua complessità: lo storico David Bidussa, la regista Miriam Camerini, lo psicoterapeuta David Fargion, il giornalista Stefano Jesurum, il critico d’arte Daniele Liberanome, la giornalista scientifica Daniela Ovadia, l’editore David Piazza, il primo a proporre un approfondimento su un aspetto caratteristico e pregnante dell’ebraismo vissuto, per andare maggiormente in profondità rispetto alla scelta, che caratterizza talvolta gli eventi divulgativi, di offrire un’immagine dell’ebraismo lontana dalla sua realtà quotidiana. Così è nata l’idea del tema di questa prima edizione del festival “Shabbat. Spazio al tempo”, che si propone di declinare il Giorno del Riposo ebraico nelle più svariate sfaccettature, dalla cucina alla scienza, dall’etica del lavoro alla musica, dal teatro alla medicina. “Tutto era cominciato con l’idea di riflettere sul tema della disconnessione, dello Shabbat come valore positivo e proattivo – spiega rav Roberto Della Rocca, direttore del Dipartimento educazione e cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane che dal 2011 opera a partire da Milano, e direttore scientifico di Jewish and the City – Questo progetto si è trasformato per tutti noi in un’occasione di studio, di approfondimento, di dibattito, che dopo oltre un anno di lavoro è sfociato nella capacità di dare un altissimo numero di input contenutistici al programma del festival”. Nel comitato promotore anche Daniele Cohen, assessore alla Cultura della Comunità dal 2010, che racconta come queste serate Italia Ebraica la voce delle Comunità pag. 4 luglio 2013 di confronto siano a un certo punto diventate un piano concreto e profondo, da proporre per capire quale fosse l’interesse della città. Un interesse che si è rivelato straordinario, come testimoniano le prestigiose adesioni, dalla collaborazione del Comune di Milano al patrocinio della Rai (accanto a quello dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane), poi ancora la collaborazione di Fondazione Corriere e Teatro Franco Parenti, e la partecipazione della Società umanitaria, storica organizzazione filantropica e di cultura della città e dell’Università degli Studi, per un programma che coinvolgerà l’intero quartiere intorno alla sinagoga centrale di via Guastalla, il suo cuore pulsante. Senza dimenticare che, a essere chiamata a partecipare al festival, tanto come pubblico, quanto, per chi ne avesse voglia, come volontario, non è solo la città, ma anche la comunità ebraica, la sua gente, i suoi enti e le sue associazioni, perché il contributo di tutti rappresenta l’ingrediente fondamentale per assicurare che Jewish and the City rappresenti un successo sin dalla sua prima edizione. “La vera sfida sta proprio nel coinvolgimento delle persone più diverse, ciascuno partendo dalla propria sensibilità e dalla propria competenza, come è avvenuto nel comitato promotore che, a dispetto di tante posizioni rappresentate al suo interno, è riuscito a lavorare benissimo” ricorda Cohen. Lavoro, lavoro, lavoro, è questa la parola d’ordine alla vigilia del mese di agosto in cui tutto si ferma, e di un settembre che verrà completamente attraversato dall’intenso periodo delle festività ebraiche. Oggi ognuno dei promotori si è preso carico degli eventi più attinenti alla propria formazione, mentre prosegue la ricerca degli sponsor e la tessitura dei rapporti con le istituzioni, nonché l’integrazione degli spunti che continuano ad arrivare, soprattutto ad opera degli enti ebraici, che stanno aderendo con grande entusiasmo, come racconta rav Della Rocca. Tassello importante dell’organizzazione dal punto di vista della gestione professionale è anche Valeria Cantoni, della società Trivioquadrivio, specializzata nell’organizzazione di eventi. “Con la cultura ebraica ‐ spiega ‐ ho sempre avuto un rapporto speciale e in filosofia ebraica mi sono laureata, perciò il progetto mi ha affascinata subito. Milano si avvicina all’Expo e deve essere in grado di attivare quelle intelligenze non legate alla cultura di maggioranza. Dal punto di vista della ricettività e dell’interesse non poteva esserci un momento migliore”. A breve verrà pubblicato il programma completo della rassegna, nel frattempo tutti i promotori raccontano la frenesia di fare in modo che ogni tassello si incastri perfettamente al posto giusto, e si dicono colpiti dall’essere riusciti a collaborare in modo così trasversale, religiosi e laici, con idee molto diverse e tanti disaccordi, ma anche la capacità di arrivare a un compromesso senza farsi bloccare. E poi naturalmente, anche un po’ di stanchezza per l’epilogo di un anno davvero intenso, e la speranza di aver costruito, per Milano, un patrimonio di risorse importanti: un laboratorio di incontro fra culture che solo nella comunità ebraica più diversificata con le sue tante edot e nella città più cosmopolita d’Italia, si poteva immaginare di realizzare.

(Italia Ebraica, luglio 2013)