Fotografia – Archivio Cdec da valorizzare.
Un concorso per arricchirlo
Un talled avvolge gli sposi sotto la chuppah, lo sguardo dello scultore Roberto Terracini si perde nel vuoto mentre impugna il suo strumento del mestiere, un cellulare si posa sull’orecchio sovrastato dal grande cappello di pelliccia di un ebreo ortodosso, una bambina biondissima esplode di gioia mentre riabbraccia il suo papà in divisa: sono le quattro immagini vincitrici negli scorsi anni del concorso fotografico Obiettivo sul mondo ebraico indetto dalla Fondazione Centro di Documentazione ebraica contemporanea (Cdec), nel 2013 alla sua quinta edizione. Il concorso è sempre abbinato alla Giornata europea della cultura ebraica, della quale segue il tema, che per quest’anno sarà Natura e tradizione ebraica. “Il nostro scopo è quello di far conoscere un ambito di attività che non ha nulla a che vedere con la Shoah e che sta diventando sempre più importante, il nostro archivio fotografico”, spiega Giorgio Sacerdote del Cdec. L’archivio riunisce oltre 50mila immagini, che provengono da 680 diversi fondi, per lo più famiglie o qualche volta donatori che non sanno cosa fare delle fotografie che hanno in casa, ma anche da archivi speciali. La raccolta delle foto è un processo complesso, che consiste nello scovare le famiglie che potrebbero avere materiali interessanti, spiegare loro di cosa si tratta e una volta convinte guardare insieme, esplorare e setacciare pile di vecchie foto, inestimabili testimoni del passato. “L’archivio serve a raccontare la storia e la vita degli ebrei in Italia, dalla metà dell’800, fino a ieri sera, se possibile”, illustra Sacerdote. Sono documentati personaggi ed eventi davvero significativi per la storia sia delle Comunità ebraiche sia dello Stato italiano, e poi frammenti di vita famigliare che danno un’idea dell’evoluzione della presenza ebraica nel corso dei decenni. “Le fotografie più difficili da reperire – prosegue Sacerdote – sono naturalmente quelle degli ebrei al lavoro, che sarebbero davvero utili per analizzare i cambiamenti della situazione economica”. L’intento è ora quello di rendere l’archivio sempre più fruibile: già qualche anno fa è stato completamente digitalizzato, ma consultabile solo attraverso gli studiosi del Cdec. Da un paio di mesi è stato però messo in funzione un nuovo sistema basato su internet, che si spera in futuro possa rendere l’archivio direttamente consultabile da chiunque, superando le varie difficoltà di tipo legale che questo comporta. Nel corso degli ultimi anni in molti si sono rivolti al Cdec per utilizzare foto dell’archivio, sia per ricerche personali nel mare delle famiglie ebraiche italiane sia per pubblicazioni, ma sono stati anche redatti alcuni cataloghi e organizzate mostre. Fra di esse nel 2011 quella intitolata “Donne ebree nell’Italia unita” per celebrare il centocinquantesimo anniversario della Repubblica. “C’è però ancora troppo silenzio su questo lavoro, l’archivio fotografico è un patrimonio di grande valore ma purtroppo ancora poco conosciuto – afferma Paola Mortara (nell’immagine), che ne è responsabile – attraverso il quale si potrebbero svolgere studi antropologici e storici sull’ebraismo italiano molto approfonditi”. E così continua l’incessante ricerca di fotografie, ma anche di fotografi, che arricchiscano l’archivio con il loro ingegno. Possono essere professionisti o aspiranti tali, come Mattia Montecorboli, studente di architettura, 27 anni, romano, vincitore nel 2011 sul tema Judaism and new media, che da allora ha scritto un libro con un reportage di viaggio che fotografa la situazione israelo-palestinese, in attesa di pubblicazione, e ha organizzato una mostra sull’Iran. “Il mio sogno nel cassetto – racconta – è proprio quello di diventare fotoreporter”. Ma fotografi ci si può anche improvvisare, basta cogliere, anche inconsapevolmente, l’oraziano attimo per creare un’opera d’arte, come è successo a Hadassah Chen, 38 anni, primo posto al concorso dell’anno scorso, dal tema “riso ebraico”, che vive in Israele con i suoi tre figli, e ricorda: “Io nella vita non mi occupo di fotografia. Quel giorno però mio marito tornava dalla Tzavah, mia figlia gli è corsa incontro e lo scatto è partito, quasi per sbaglio”. Insomma, basta armarsi di macchina fotografica e buttarsi, senza temere la giuria, formata da membri che vanno da un giornalista a un pubblicitario a un esperto di comunicazione, perché “non si valuta solo l’abilità fotografica, ma un insieme di tanti elementi che rendono unica una fotografia”, sottolinea Paola Mortara. Che aggiunge: “In fondo l’immagine è il linguaggio universale per definizione, e oggi più che mai”.
Francesca Matalon, Italia Ebraica, agosto 2013
C’è tempo fino al 31 agosto per partecipare alla nuova edizione del concorso Obiettivo sul mondo ebraico promosso dall’Archivio fotografico della Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea con sede a Milano in collaborazione con AEPJ (European Association for the Preservation and Promotion of Jewish Culture and Heritage). “Natura e tradizione ebraica” il tema scelto per il 2013: la cerimonia di premiazione è ormai divenuta un appuntamento tradizionale della Giornata europea della cultura ebraica. “Le immagini dovranno sviluppare il tema e caratterizzarsi per la presenza di elementi ebraici: dal collegamento al significato simbolico della natura nelle feste e nei riti, al legame con la terra d’Israele e allo sviluppo delle tecniche agricole, dai campi scuola per chaluzim ai campeggi dei movimenti giovanili…” si legge nel regolamento di questa quinta edizione. Il concorso è aperto a tutti con partecipazione gratuita. Previste due diverse sezioni: “Foto d’autore”, per gli scatti realizzati direttamente dai concorrenti e “Foto dal cassetto” per le immagini storiche o di famiglia. Le fotografie finaliste verranno esposte in una mostra durante la Giornata mentre ai primi classificati verrà assegnato rispettivamente un premio di 350 euro e una menzione speciale.
(6 agosto 2013)