L’imam Pallavicini: “Tra ebrei e musulmani il dialogo è possibile ma solo con presupposti reali”
“La sfida deve essere quella di rilanciare l’idea che un dialogo è possibile solo con presupposti reali. Ebrei e musulmani devono dare insieme segnali positivi, perché adesso più che mai ce ne sarà bisogno”. È l’invito del vicepresidente della Comunità Religiosa Islamica Yahya Pallavicini a margine della sospensione dei rapporti tra Comunità ebraica e Coordinamento della Associazioni Islamiche di Milano dopo la ben nota vicenda dell’imam jihadista invitato a celebrare la conclusione del Ramadan in uno spazio messo a disposizione dal Comune e dopo le parole di odio espresse nei confronti di Israele dal portavoce dello stesso Caim Davide Picardo. “Il Caim è una realtà politicizzata ed estrema che danneggia tutti i musulmani italiani. Sbagliato averci a che fare”, osserva Pallavicini.
È passata quasi una settimana dalla conclusione del Ramadan e le polemiche ancora non si placano. Qual è la sua valutazione di questo episodio?
Dal punto di vista delle istituzioni cittadine, che hanno concesso un patentino di legittimità al Caim, si tratta senz’altro di un grave passo falso. Gli scenari possibili sono due: o la scelta è quella di non fare scelte oppure, ingenuamente, passa l’idea che le istituzioni – come interlocutori – debbano avere associazioni o nuclei islamici in cui ritrovano una continuità con alcuni movimenti protagonisti nel mondo arabo ma che, nei fatti, hanno dimostrato di non saper stare al governo di un paese. Il punto fondamentale è questo: ebrei e musulmani che vogliono dialogare e rispettarsi reciprocamente hanno adesso la possibilità di trasformare un passo falso in una grande opportunità.
In che modo?
Facendo presente l’errore e dimostrando, nei fatti, che vi sono sinergie e prove di cooperazione sulle quali vale la pena investire. Prossimamente emetteremo una nota e ci confronteremo con la Comunità di Milano e con il sindaco Pisapia per studiare tempi e modi di un’iniziativa che mostri come questo cammino, se ben impostato, possa dare frutti significativi. Come esempio porteremo il lavoro svolto in questi anni assieme all’UCEI, al rabbinato italiano e alle varie Comunità locali. La Coreis si è sempre adoperata con comportamenti che sono ben lontani da quelli del Caim e del suo portavoce. In questo caso specifico ho espresso al mio amico Daniele Nahum, portavoce della Comunità ebraica milanese, tutta la nostra vicinanza e solidarietà.
Cosa contesta in particolare al Caim?
L’applicazione di criteri di organizzazione parapolitica del passato alla rappresentanza religiosa. Un fatto artificiale e particolarmente nocivo per l’intera collettività e non solo per la comunità islamica moderata in cui si riconoscono la grande maggioranza dei musulmani italiani.
In che cosa vi distinguete maggiormente da questa sigla?
Il nostro approccio all’Islam è privo di elementi ideologici ed è finalizzato a far prevalere gli aspetti dottrinari, ecumenici e rispettosi del monoteismo. L’aspirazione è quella di dar voce a una comunità che vuol essere moderna e dialogante, civile e allo stesso tempo coerente con i valori religiosi.
L’Islam italiano, e quest’ultimo episodio ne è una conferma, vive negli ultimi anni un momento di notevole frammentazione politica. Cosa si aspetta dal futuro? È possibile una maggiore unità e coesione tra le diverse correnti?
Dobbiamo lavorare in questa prospettiva ma siamo molto lontani dall’obiettivo. Il nostro modello è l’UCEI, che ha saputo includere le tante anime dell’ebraismo italiano, dato loro dignità e rappresentanza, valorizzato al massimo la dialettica interna. Un forte segno di maturità che mi auguro possa essere di ispirazione anche per tanti di noi.
Adam Smulevich twitter asmulevichmoked
(14 agosto 2013)