“Nuove sfide per la leadership ebraica”
Sul numero di Pagine Ebraiche di agosto, è pubblicata in forma integrale la relazione tenuta dal presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna in occasione del Consiglio del 14 luglio 2013.
A un anno dall’inizio del mandato dell’attuale Consiglio dell’Unione, è opportuno che si esamini ciò che è stato realizzato, non per guardare indietro, ma, al contrario, per progettare nella maniera più valida e precisa le iniziative da prendere nell’immediato futuro. Il Consiglio ha aperto diversi fronti e il lavoro svolto ha riguardato tutti i numerosi settori di competenza dell’Unione (clicca qui per scaricare il documento)
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La storia dell’ebraismo italiano contemporaneo sul piano legislativo inizia nel 1848 con la promulgazione dello Statuto Albertino nel Regno di Sardegna, prosegue con la legge Rattazzi del 1859 e con la legge Falco del 1930, che inquadrarono le Comunità come enti di diritto pubblico a partecipazione obbligatoria e titolari del potere di imporre tributi agli iscritti. Questa normativa rimase in vigore fino al 1989, quando il Parlamento – attraverso la promulgazione legge numero 101 – recepì nell’ordinamento italiano l’Intesa sottoscritta due anni prima.
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Le carte fondamentali dell’ebraismo italiano attualmente sono:
– La Costituzione italiana
– L’Intesa
– Lo Statuto
Un rapida rilettura di alcuni articoli può essere utile per riscoprire la natura e le caratteristiche essenziali sia delle Comunità che dell’Unione. La Costituzione italiana afferma all’Articolo 3 che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. All’articolo 8 afferma che “tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze”.
Il Preambolo dell’Intesa afferma che “la Repubblica italiana e l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, considerato che la Costituzione riconosce i diritti fondamentali della persona umana e le libertà di pensiero, di coscienza e di religione (…), considerato che tali principi universali sono aspirazione perenne dell’ebraismo nella sua plurimillenaria tradizione (…), convengono che le disposizioni seguenti costituiscono intesa tra lo Stato e la confessione ebraica ai sensi dell’articolo 8 della Costituzione”.
L’articolo 1 dell’Intesa afferma: “In conformità ai principi della Costituzione è riconosciuto il diritto di professare e praticare liberamente la religione ebraica in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto e i riti. È garantita agli ebrei, alle loro associazioni e organizzazioni, alle Comunità ebraiche e all’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola e lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione (…)”.
L’articolo 17 dell’Intesa afferma: “Le Comunità ebraiche, in quanto istituzioni tradizionali dell’ebraismo in Italia, sono formazioni sociali originarie che provvedono, ai sensi dello Statuto dell’ebraismo italiano, al soddisfacimento delle esigenze religiose degli ebrei, secondo la legge e le tradizioni ebraiche (…)”.
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Negli ultimi anni i Consigli che si sono succeduti hanno tenuto costantemente una linea attenta alle grandi novità, che a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale, sono state prodotte dalle società democratiche con un rilevante contributo degli ebrei e dell’ebraismo.
Un anno fa, con l’inizio del mandato dell’attuale Consiglio, è iniziata la prima impegnativa applicazione dello Statuto rinnovato nel dicembre 2010, concepito e realizzato per cambiare profondamente e capillarmente le strutture, l’organizzazione e l’approccio alla società. L’elemento più rilevante di questa riforma è stato la nascita del Consiglio sotto forma di piccolo parlamento dell’ebraismo italiano, che ha dato rappresentanza a tutte le 21 Comunità.
Un altro elemento positivo di non minore importanza è l’apertura di nuovi spazi capaci di favorire l’emergere di una leadership più larga e consapevole del dovere di assicurare un futuro diverso dal passato. La stessa esigenza è stata espressa con chiarezza dal rabbino capo del Commonwealth rav Jonathan Sacks nel suo intervento del 12 giugno 2012, alla serata d’onore organizzata dall’United Jewish Israel Appeal per celebrare il ventesimo anniversario dell’Adam Science Foundation Leadership Programme di Londra, in un discorso dedicato alla formazione dei futuri leader:
“Per il futuro della leadership ebraica esiste una strada giusta e una strada sbagliata. La strada sbagliata è quella di enfatizzare l’antisemitismo e le aggressioni a Israele, di esagerare le tensioni tra le diverse tendenze esistenti nel mondo ebraico, piangersi addosso lamentando la carenza di leadership ebraica. Il modo corretto è di conquistare amicizie sia all’interno che all’esterno delle comunità ebraiche, di valorizzare la dimensione etica e spirituale dell’ebraismo, di partecipare a progetti di utilità sociale sui quali sia possibile lavorare superando ogni fattore di divisione, di aprire strade nuove per far sentire gli ebrei fieri di essere ebrei”.
Lo stesso rav Sacks, in una intervista pubblicata sul numero del gennaio 2012 di Pagine Ebraiche, si è così espresso:
“Cerchiamo di lavorare tutti insieme. Gli antisemiti non ci chiedono quale sia il nostro orientamento. Se loro non fanno differenze anche noi possiamo superarle. Dobbiamo rimanere uniti e fare fronte comune davanti ai tanti problemi da affrontare. Certo le differenze restano e non possiamo dimenticare quelle teologiche: ognuno conserva la sua tradizione e ha le proprie scuole e le proprie sinagoghe in cui andare a pregare. Ma come possiamo rapportarci con il mondo se non c’è ‘Shalom Behinenu’, se non c’è pace tra di noi? Possiamo confrontarci anche duramente, ma il fondamento del nostro rapporto deve sempre essere il rispetto reciproco”. Prosegue rav Sacks: “Nello stesso modo sono sempre stato disponibile a confrontarmi con l’ebraismo secolare e partecipo volentieri a dibattiti con ebrei laici. Spesso ci troviamo in disaccordo sulle tematiche che affrontiamo ma il rispetto tra noi è sempre presente. E non posso dimenticare che questi dibattiti spesso mi permettono di imparare, di sviluppare le mie conoscenze. Chi ha detto che solo la religione può insegnarci delle cose? Dove c’è l’intelligenza, Chochmah, si può sempre imparare, si può continuare a crescere”.
Si tratta evidentemente di un argomento di grande attualità che, non per caso, è stato affrontato in modo interessante, stimolante e anche ironico dal rav Riccardo Di Segni in un articolo dal titolo “La rigidità elastica” pubblicato recentemente dal sito comunitario romano.
Sono parole sulle quali riflettere oggi che esistono i presupposti di una valida tutela dei diritti fondamentali. Dobbiamo trovare il coraggio di superare timori e resistenze ricordandoci che il modo migliore per consolidare i diritti è certamente quello di esercitarli in pieno, con fierezza e determinazione, senza arroganza e presunzione, ma con equilibrio per rendere reale, concreta e viva la nostra presenza nella società e per alimentare il dialogo e la comprensione con tutte le sue componenti.
Spesso, in passato, gli ebrei hanno reagito alle aggressioni esterne chiudendosi in se stessi. Non sarebbe giusto criticare questo atteggiamento che ha consentito agli ebrei di sopravvivere attraverso gravi pericoli e terribili tragedie. Ma oggi che vivono in società democratiche, hanno il dovere di cogliere le opportunità che si presentano, senza mai rinunciare ai valori e alle tradizioni che trasmettono di generazione in generazione.
Non c’è dubbio infatti che l’isolamento produce mancanza di conoscenza della identità, della cultura, della religione e non può che alimentare diffidenze e pregiudizi: fertile terreno delle discriminazioni e delle persecuzioni.
L’Unione delle Comunità, consapevole di dover far fronte a queste imprescindibili esigenze, ha già iniziato da alcuni anni e tende a sviluppare ulteriormente un programma di informazione e di comunicazione indirizzato sia verso le comunità ebraiche che verso l’intera società italiana. I mezzi dei quali si è dotata sono infatti finalizzati a creare una Community composta di coloro che guardano con interesse alla storia plurisecolare e ai valori testimoniati dagli ebrei italiani.
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I nuovi tempi e le mutate condizioni consigliano un radicale ripensamento delle linee guida e delle strategie e in particolare:
– Rompere qualsiasi forma di isolamento sia rispetto ad altre Comunità che rispetto alla società di cui si è parte integrante e fondante.
– Rifiutare di emarginare e di essere emarginati senza per questo accettare compromessi sui principi e i valori.
– Abbattere barriere di separazione di qualsiasi genere nella convinzione che all’apertura dei cancelli dei ghetti non possa che far seguito il rifiuto di qualsiasi volontario isolamento di tipo culturale, sociale o psicologico.
– Respingere timori, paure o diffidenze non perché i pericoli siano improvvisamente scomparsi, ma perché qualsiasi strategia basata sulla paura sarebbe solo un incentivo a colpire, umiliare e perseguitare nuovamente.
– Intrattenere le migliori relazioni possibili con le istituzioni nazionali che garantiscono il pieno godimento dei diritti fondamentali e rispettarne i legittimi rappresentanti che, nei paesi democratici, sempre più spesso invitano gli ebrei a partecipare alla vita politica, culturale e sociale della nazione.
– Non perdere l’occasione, forse irripetibile, per tentare di infliggere una sconfitta decisiva a tutti i pregiudizi e a tutti gli avversari vecchi e nuovi che spesso operano all’interno di Stati teocratici e fondamentalisti.
– Mantenere l’assoluto rifiuto di qualsiasi forma di idolatria, non solo in senso religioso, ma anche culturale e comportamentale e continuare a difendere la laicità degli Stati, intesa come libertà di opinione e di parola contro qualsiasi forma di discriminazione.
– Approfondire ed elevare sempre di più la cultura e la conoscenza dell’identità, della storia e delle tradizioni ebraiche. Presupposto questo necessario per poter affrontare in maniera consapevole, dignitosa e culturalmente adeguata qualsiasi forma di confronto.
Pagine Ebraiche, agosto 2013
(29 luglio 2013)