Jewish and the City – Shabbat “la festa che rende uguali ricchi e poveri”
“E’ un momento storico in cui il dialogo tra le religioni fa paura, e parlano troppo i kalashnikov”, dice Marek Halter, 77 anni, scrittore e intellettuale ebreo di origine polacca (l’ultimo libro uscito in Italia è Maria, la madre di Gesù, Newton Compton), scampato da bambino al ghetto di Varsavia e poi all’Urss di Stalin, fondatore del movimento Sos Racisme (1984) e amico di papa Karol Wojtyla. E oggi sarà accolto da papa Francesco in Vaticano e avrà al suo fianco dieci imam frantesi, per rilanciare il dialogo inter-religioso. A Marek Halter è poi affidata la lectio magistralis «Lo Shabbat della speranza» di domenica, nella sinagoga centrale di Milano, per l’apertura del festival «Jewish and the City». Perché lo Shabbat è importante, non solo per gli ebrei? do cerco sempre di usare la lezione del passato per capire il presente. Tutte le grandi ideologie sono crollate, restano le religioni che però possono essere pericolose, scatenare guerre. Per questo dobbiamo parlare, spiegarci, comunicare il più possibile. Nelle tavole della legge di Mosé c’è scritto: “Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, il tuo Dio: tu non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te”. Perla prima volta nella storia l’uomo ha un giorno festivo, e la cosa importante è che tutti devono osservarlo: il padrone e. lo schiavo». Un momenta) dl uguaglianza, dunque? «Sì, è questa la grandezza e l’attualità dello Shabbiat. Quando lavoriamo non siamo tutti uguali. Alcuni lavorano di più, altri di meno e guadagnano comunque di più. Nello Shabbat, ricchi, poveri, miserabili, tutti sono uguali, e la sera di Shabbat ogni famiglia ebrea invita alla sua tavola un povero o un mendicante, pelthé è la giornata dell’uguaglianza di tutti gli uomini. Come posso riposare in pace se davanti a me vedo qualcuno che è costretto a faticare? Anche il mendicante ha il diritto di rispettare lo Shabbat; io poi lo inviterò a condividere la mia cena». Prima dell’evento di domenica a Milano, domani (oggi per chi legge, ndr) sarà a Roma per incontrare il Papa in compagnia di dieci imam. Come è nato questo incontro? «Lo abbiamo organizzato con grande velocità, ho preso l’iniziativa a giugno e nel giro di una settimana ho ricevuto risposta positiva. Credo sia il momento di rilanciare il dialogo tra le religioni, perché siano una fonte di ricchezza e unione e non di divisione. Ci siamo interrogati su quale forma dare a questo incontro, e abbiano scelto quella pubblica, davanti alle telecamere. È importante. Altrimenti lasciamo il monopolio delle immagini alle guerre e ai terroristi. Io, ebreo, che accompagno i miei amici musulmani dal Papa, capo dei cattolici: credo sia un bel simbolo, nei giorni degli orrori in Pakistan e in Kenia. Della delegazione farà parte l’imam Chalghoumi, che per la sua posizione a favore dell’amicizia tra musulmani, ebrei e cristiani è minacciato di morte e vive da anni sotto protezione della polizia francese. Ma non ci lasciamo intimidire, insieme si Israele e a Gaza e contini stra lotta». Che cosa dirà al Papa «Parleremo, credo, de I proposta contenuta in una lettera chd gli hb appena inviato: una visita a Gerusalemme, l’anno prossimo, assieme a 5o cardinali della Chiesa d’Oriente, 5o rabbini e 5o imam rappresentanti dell’Islam, la terza religione monoteisti-ca. Insieme, al Muro del Pianto, a pregare per la pace».
Stefano Montefiore, Corriere della Sera, 25 settembre 2013
(25 settembre 2013)