Torino spiritualità – Il valore della scelta
Ultime ore tranquille questa mattina al Circolo dei Lettori di Torino, sede centrale di Torino spiritualità, che arriva quest’anno alla nona edizione, assumendosi nuovamente il rischio di approfondire un argomento non facile. Come anticipato sul numero di Pagine Ebraiche in distribuzione in questi giorni – che fa già bella mostra di sé all’ufficio stampa e nelle sale del Circolo – sono numerosi gli interventi in cui la cultura ebraica gioca un ruolo forte. Le voci della filosofa ungherese Agnes Heller, una delle più autorevoli interpreti della complessità sia filosofica che storica della modernità, di Nadia Fusini, autrice di un libro sulle esperienze di tre donne, Rachel Bespaloff, Simone Weil e Hannah Arendt, e di Daniel Millman, noto formatore motivazionale che parte dal presupposto che l’identificazione di uno scopo nella propria esistenza è l’esigenza primaria di ognuno, si uniranno a quelle di Sarah Kaminski e rav Somekh che domenica sera farà un intervento intitolato l’Etica della responsabilità.
Il tema di quest’anno, “Il valore della scelta”, ha permesso una volta di più di strutturare il programma su un concetto forte ed evocativo, con relatori anche diversissimi tra di loro. “Scegliere vuol dire dare forma a noi stessi. È mettere ordine nel caos dei desideri. Scegliere è sottrarsi ai condizionamenti. È sovvertire le abitudini. Scegliere, talvolta, è anche il rischio di cadere. È non smettere mai di cercare il significato dell’esistenza. Scegliere, insomma, è vivere”. E nei prossimi giorni, a partire dall’inaugurazione di questo pomeriggio al Teatro Regio, città e territorio si trasformeranno in uno spazio aperto e diffuso di riflessione, per cinque giorni di dialoghi, lezioni e letture. E nonostante tutte le edizioni del festival abbiano proposto temi importanti e l’accento non sia certo sull’intrattenimento, sono già esauriti prima ancora dell’apertura parecchi degli oltre cento incontri in programma, animati da più di 130 voci da tutto il mondo che metteranno a confronto idee, coscienze, culture e religioni e cercheranno di indagare insieme il valore di ogni scelta.
Per informazioni: www.torinospiritualita.org
Essere è una scelta, non solo una necessità
La filosofa di origine ungherese Agnes Heller spiega come l’identità ebraica sia solo una questione di libertà
Scelse di rimanere in Ungheria e di non partire per Israele. Scelse di studiare chimica per poi convertirsi alla filosofia e costruire, insieme al suo mentore György Lukács, la “Scuola di Budapest”. Scelse il marxismo e il partito comunista per poi adottare il pensiero critico ed essere costretta a lasciare la sua Ungheria per l’Australia. La vita di Agnes Heller (nella foto), nome illustre della filosofia contemporanea, è costellata di scelte radicali e impervie che ne hanno plasmato l’identità e il pensiero filosofico, incentrato sullo studio dei lavori di Marx. Tra le protagoniste della nona edizione di Torino Spiritualità – rassegna dedicata quest’anno proprio al valore della scelta – la Heller utilizza il racconto autobiografico per riflettere sul peso delle scelte che compiamo e su come ciascuno possa provare a fare di sé la persona che ha davvero deciso di essere. Nata a Budapest nel 1929, riesce a scampare alla deportazione e sopravvivere alla Shoah. Il padre, invece, morirà ad Auschwitz dopo essersi speso per salvare la vita di altri ebrei, utilizzando le sue competenze legali e la conoscenza del tedesco per pro- curare a diverse famiglie i fogli di via per lasciare l’Ungheria filonazista. Nel 1947 decide di non partire per Israele, nonostante un innamoramento delle tesi sioniste. Resta a Budapest e si iscrive all’università, Chimica e Fisica, ma sono le questioni morali che la affliggono. La Shoah è al centro delle sue riflessioni: “Volevo capire cos’è morale, qual è la natura del bene e del male? Questa era la prima domanda. L’altra era una questione sociale: quale tipo di mondo può generare tutto questo (la Shoah)? Quale tipo di mondo può permettere che queste cose accadano? Cos’è la modernità? Possiamo sperare nella redenzione?”. Domande che mettono in gioco se stessi e che riflettono in parte le decisioni della stessa Heller che da studentessa di materie scientifiche passerà alle scienze morali. Un simposio tenuto dal celebre filosofo György Lukács su Hegel la porta a un cambio radicale, direzione filosofia. “Ascoltavo – ricorda la filosofa – ma realizzai di non aver capito nulla di ciò che Lukács stava dicendo. Ma era la cosa più importante al mondo e io dovevo riuscire a capirla”. La Heller diventa allieva di Lukàcs, sostenitore del comunismo, ed entra così nel partito rosso. Si dedica allo studio di Marx ma ben presto la sua libertà di pensiero, la volontà di superare le imposizioni del regime la portano a scontrarsi con le autorità. A segnare il suo scetticismo e la critica verso il comunismo di Stato la Rivoluzione ungherese del 1956 e, dieci anni dopo, la Primavera di Praga (1968). Anticonformista, legata al valore del pensiero critico abbandonò gradualmente il marxismo, per sposare un concetto di “nuova sinistra progressista”. Anche sul pia- no dell’identità ebraica, la Heller fonda il suo pensiero sul libero arbitrio e la possibilità di scegliere: “Nascere ebreo non significa essere ebreo. L’ebraicità è una questione di libera scelta, in favore di quella connessione spirituale invisibile al patrimonio ebraico, al passato così come al futuro e al presente. Si tratta di una scelta fatta personalmente da ciascun individuo. Ogni persona, in ogni generazione deve fare questa scelta di nuovo, ancora e ancora”.
Daniel Reichel, Pagine Ebraiche, ottobre 2013
(25 settembre 2013)