Giornata della Cultura ebraica – Gattegna: “A porte aperte”
Il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane ha pronunciato a Napoli, in occasione della Giornata europea della Cultura ebraica 2013, il seguente discorso, alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano:
Illustre e caro Presidente Napolitano, illustri autorità, cari amici,
questo nostro nuovo incontro, qui a Napoli, è motivato da ragioni apparentemente molto diverse fra loro: la celebrazione delle eroiche Quattro Giornate che portarono alla liberazione della città dal giogo nazifascista e la quattordicesima edizione della Giornata Europea della Cultura Ebraica che sono lieto e onorato di dichiarare ora, assieme al Presidente della Repubblica italiana, aperta.
Napoli, che è sede di una piccola, ma gloriosa comunità ebraica, è quest’anno città capofila di questo grande appuntamento con la cultura dedicato, per scelta dei rappresentanti di tutti i Paesi europei, al tema “Ebraismo e natura”.
Si ingannerebbe chi pensasse che la scelta di questo tema costituisca un omaggio alle mode del momento e alla nuova consapevolezza, ormai patrimonio diffuso di gran parte della popolazione, della necessità di tutelare l’ambiente.
Così come sbaglierebbe chi credesse che il nostro omaggio alla Napoli della Liberazione e alla Napoli della cultura ebraica siano due momenti privi di legami.
Questa Giornata della Cultura Ebraica non costituisce un generico appello all’ecologia. Dietro un dichiarato amore per il paesaggio, la flora e la fauna, sappiamo tutti troppo bene come possano nascondersi le mostruosità di ideologie feroci e capaci della persecuzione e del genocidio, della distruzione della dignità dell’uomo. Alcuni nazisti, mentre massacravano intere popolazioni, erano noti per dedicarsi all’idillio con la natura e all’amore per gli animali.
Non è una Natura senza cuore, non è una Creazione senza Giustizia, Signor Presidente, quella che siamo venuti a celebrare qui oggi.
Ci muove l’antico messaggio che gli ebrei si tramandano nei millenni, secondo il quale tutta la Creazione, e l’essere umano che vi sta al centro, devono essere scrupolosamente tutelati e rispettati. Non è una natura disumanizzata, idealizzata e infine strumentalizzata per abbellire e mascherare le brutture create dall’uomo quella che ci sta a cuore, ma è l’equilibrio fra l’ambiente, e la dignitosa, libera esistenza dell’umanità. Un equilibrio che deve necessariamente contemperare salute, progresso economico ed libertà.
Ora proprio questo desiderio di Giustizia e di Libertà, di armonia fra la Creazione e i diritti dell’uomo, è quello che gli ebrei hanno dolorosamente e strenuamente riaffermato, a prezzo di sofferenze indicibili, negli anni delle persecuzioni, dello sterminio e della riconquista della Libertà.
Nel presentare questa quattordicesima edizione della Giornata non si può dimenticare come essa coincida con l’inizio dell’anno ebraico 5774, corrispondente con la stagione in cui dovremo ricordare il settantesimo e il settantacinquesimo anniversario di avvenimenti che hanno cambiato la storia e il volto dell’Europa, del mondo e al tempo stesso dell’esistenza ebraica.
Mi riferisco ai fatti avvenuti negli anni che vanno dal 1938 al 1943, durante i quali il fascismo e il nazismo hanno rivelato e hanno espresso tutta la loro ferocia, il loro disprezzo per la vita e la loro tendenza a colpire l’umanità intera con i crimini più efferati.
La celebrazione di questa Giornata ci permette quindi di confrontare e di ricordare quanto sia cambiata, rispetto a 70 o 75 anni fa, la nostra condizione di europei, di italiani e di ebrei.
Anche se stiamo attraversando un momento difficile e delicato, sarebbe un pericoloso errore abbandonare la speranza e lasciare campo libero e spazio ideologico, politico e culturale ai catastrofisti di professione, a coloro che si dedicano a incutere paure e a diffondere panico solo per aprire spazi e occasioni di procurarsi vantaggi.
L’occasione di questa Giornata della Cultura deve, al contrario, rafforzare il nostro impegno comune a distinguere ed evidenziare sempre di più le differenze ideologiche e culturali sulle quali si fonda e si organizza la vita negli Stati liberi e democratici rispetto a quelli dittatoriali, liberticidi e razzisti.
L’esperienza vissuta dai nostri stessi genitori, e a noi trasmessa con chiarezza, ci permette di affermare che mentre gli Stati liberi si fondano sulla vita, quelli dittatoriali si fondano sulla morte.
Pochi giorni fa la Comunità ebraica e la città di Trieste hanno voluto ricordare un fatto storico che segnò l’inizio del periodo più drammatico della bimillenaria storia dell’ebraismo italiano. Infatti, il 18 settembre del 1938, nella grande piazza dell’Unità d’Italia – quell’unità per la quale tanti patrioti ebrei italiani combatterono le battaglie risorgimentali e che tanti militari ebrei perseguirono, servendo la patria con la divisa dell’esercito italiano, nella Prima Guerra Mondiale – Mussolini, nel corso di un affollato comizio, annunciò con l’abituale retorica, arroganza e compiacimento per le proprie gesta più violente, la promulgazione e l’entrata in vigore delle infami leggi razziste e antiebraiche.
Leggi disumane e criminali i cui effetti si prolungarono nel tempo e raggiunsero l’apice con la cattura e la deportazione ad Auschwitz, in un solo giorno, il 16 ottobre del 1943, di 1022 ebrei romani, pochissimi dei quali riuscirono a sopravvivere.
Pochi giorni prima, dal 27 al 30 settembre 1943, si era verificato un avvenimento di segno opposto, che aveva suscitato la speranza di una rapida liberazione dell’Italia dall’occupazione tedesca.
Ne fu protagonista la città di Napoli, la cui popolazione, dopo aver dovuto assistere impotente a numerose deportazioni ed esecuzioni sommarie di civili e di militari, trovò la fierezza e il coraggio di affrontare la strapotenza delle truppe tedesche e con rudimentali armi in pugno pose in atto una vera e propria insurrezione che costrinse l’esercito occupante a ritirarsi verso il nord, consentendo alle truppe alleate di entrare velocemente nella città già liberata.
Fu un’eroica impresa di carattere militare, che merita di essere ben compresa e approfondita perché contiene in sé anche elementi di grande valore civile e morale.
I napoletani seppero esprimere le loro migliori qualità nel creare rapidamente una fusione e una unità di intenti tra civili e militari e nel far emergere le figure di alcuni capi carismatici che presero il controllo e il comando di singoli quartieri realizzando una strategia comune con una geniale capacità di improvvisazione che riuscì a costringere alla fuga il più potente esercito d’Europa.
È una felice coincidenza che questa stessa città di Napoli sia stata nominata capofila in Italia della Giornata Europea della Cultura Ebraica.
Per concludere vorrei tornare allo spirito originario di questa Giornata, che può essere richiamato con poche parole: Aprire le porte.
Apriamo oggi le porte delle nostre sinagoghe, dei nostri musei e delle nostre case per accogliere gli italiani che,come noi considerano la presenza ebraica un elemento fondante e integrante dell’identità nazionale e come il sigillo di garanzia di una società che si vuole progredita, democratica e plurale. Un invito alla diffusione della cultura e della conoscenza, unico possibile antidoto per prevenire e per contrastare, prima ancora che si consolidi, ogni forma di pregiudizio e per contribuire alla costruzione di una società più civile e aperta, nel segno del rispetto e della valorizzazione di ogni diversità che compone e arricchisce il caleidoscopio del Paese libero che abbiamo voluto e che vogliamo per noi e per i nostri figli.
Renzo Gattegna,presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
(29 settembre 2013)