Jewish and the City, laboratorio del confronto con la società
Grandissimo successo di pubblico e sale costantemente esaurite per Jewish and the City, il festival organizzato dalla Comunità ebraica in collaborazione con il Comune di Milano e il patrocinio di Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Rai, Regione e Provincia.
Così Milano, la città della frenesia, una città spesso considerata fredda e poco incline all’ascolto, riflette sul valore del riposo. La dimensione del riposo legato allo Shabbat è stata infatti al centro della penultima giornata del festival. Etica e valore del riposo, etica e valore del lavoro. Tempo individuale e tempo collettivo. Diritti e doveri. Di questi temi si è discusso alla Fondazione Corriere della Sera, in un dibattito dai grandi protagonisti. Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, Andrea Guerra, amministratore delegato del gruppo Luxottica Group, David Meghnagi, professore di Psicologia dell’Università Roma Tre, Donatella Di Cesare, professore di Filosofia alla Sapienza di Roma. Il presidente Piergaetano Marchetti ha portato i saluti della Fondazione. A moderare l’incontro Stefano Jesurum, giornalista del Corriere della Sera. A ragionare invece sulle implicazioni del riposo nella vita dell’uomo contemporaneo è stato invece lo psicanalista francese Daniel Sibony nel corso della sua lectio magistralis tenuta per il festival sempre alla Fondazione Corriere “Nella società di oggi il riposo è un concetto talmente importante che esiste addirittura un’industria del riposo, un’industria del tempo libero. Un bene prezioso, necessario anche per far entrare nella temporalità e nello spazio del prossimo”. Quale debba invece essere la valenza del riposo di fronte al valore della vita umana è stato il tema sviluppato in mattinata nell’incontro di un medico chirurgo, Yehuda Skornick, già direttore del Magen David Adom, un rabbino, rav Alberto Somekh, e un teologo Vito Mancuso, docente dell’Università degli Studi di Padova. Perché se si tratta di salvare una vita, contravvenire ai divieti dello Shabbat diventa un dovere, come hanno spiegato i relatori, moderati dallo psicanalista David Fargion. Una visione complessiva dello Shabbat è stata infine offerta dalla lezione del rabbino capo di Milano Alfonso Arbib.
Ma nella sua seconda giornata, tanto partecipata quanto la prima, con eventi che hanno fatto registrare il tutto esaurito nei vari luoghi della città, il festival ha offerto anche spunti maggiormente ludici e creativi oltre che riflessivi, con le lezioni di cucina curate dal blog Labna.it alla Società umanitaria, “Ivrit shel Shabbat”, il viaggio nella lingua ebraica a cura di Odelia Liberanome del Centro pedagogico dell’UCEI e uno specialissimo tavolo di Shabbat ispirato alle tradizioni yiddish, un Tisch (tavolo appunto nell’idioma degli ebrei dell’est europeo). In scena al Teatro Parenti è stato uno spettacolo/concerto/conferenza ricco di suggestioni, dall’apertura dell’attore e autore Filippo Timi che ha condiviso con il pubblico la storia del suo personale incontro con la spiritualità ebraica, ai canti dello Shabbat del coro Kol Hakolot, passando, soprattutto per le narrazioni offerte dagli eclettici ospiti riuniti attorno alla tavola imbandita di frutta secca, vino e vodka, ottimi compagni di ascolto degli altrui interventi. Così la direttrice del Parenti Andrée Ruth Shammah, il giornalista Beppe Severgnini, gli scrittori Stefano Bartezzaghi, Antonio Scurati, Masal Pas Bagdadi, il rabbino Igal Hazan del movimento chassidico Lubavitch, la regista Miriam Camerini hanno offerto storie di vita propria e non soltanto, esperienze sabbatiche nel senso più ampio del termine, momenti di ironia, introdotti dal gallerista Jean Blanchaert.
Rossella Tercatin, Francesca Matalon
(1 ottobre 2013)