Qui Milano – Jewish and the City, immagini e parole
Cultura ebraica protagonista a Milano. Dal Teatro Parenti alla Sinagoga centrale di via Guastalla gli eventi di Jewish and the City, registrano il tutto esaurito. Arte, musica, sapori, cinema, spiritualità, ecologia solo alcune delle suggestioni offerte, che seguono e sviluppano il filo conduttore del festival, lo Shabbat, e i suoi importanti legami con Natura ed ebraismo, tema della Giornata europea della Cultura ebraica 2013, che nel capoluogo lombardo viene così abbracciata e ampliata dalla rassegna.
Shabbat in dialogo La cultura classica e l’ebraismo sono accomunati da un elemento tanto semplice quanto insospettabile, il convivio. Sdraiati sui triclini o seduti intorno a un tavolo, entrambe le culture concepivano infatti questo momento come una pratica non solo legata al sostentamento ma allo stesso tempo sociale, religiosa e pedagogica. Così nell’ambito del festival milanese Jewish and the city la professoressa di diritto greco e romano Eva Cantarella, la scrittrice Elena Loewenthal, e il professore di antropologia culturale Marco Aime, moderati dal consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Victor Magiar, si sono trovati a confronto su un tema, quello del cibo e del rapporto con esso, che fa profondamente parte dell’identità dei popoli e dunque li distingue, ma anche, con un complesso intreccio alimentare e culturale, li unisce in un paradosso di vino, dialogo e poesia.
Le voci di rav Elia Richetti e rav David Sciunnach per raccontare al pubblico i canti di Shabbat.
Il presidente della Comunità ebraica Walker Meghangi accoglie e ringrazia il pubblico di Jewish and the City.
Il nostro Shabbat: racconti dal mondo “Uno Shabbath tira l’altro” ha osservato Miriam Camerini, che all’interno del festival di cultura ebraica Jewish and the city in corso a Milano ha moderato l’incontro Il nostro Shabbath: racconti dal mondo, all’interno del quale il pubblico è stato trasportato fra le storie degli Shabbath letterari di Amos Luzzatto, scrittore, saggista e medico chirurgo che ha evocato la concezione di questo giorno dei grandi pensatori del ‘900, dal filosofo Buber ai poeti Bialik e Heine; quelli israeliani di Angelica Edna Calò Livne, fondatrice dell’Associazione Beresheet LaShalom, che ha emozionato parlando del suo modo di vivere il sabato e la religione nel suo kibbutz Sasa, al confine col Libano; e infine quelli inglesi, ma in realtà internazionali, di Clive Lawton, fra i fondatori e senior consultant del Limmud. Lontani nella dimensione spaziale, spesso diversi nelle modalità, ma accomunati tutti dalla profonda immersione nella dimensione della spiritualità.
Sinagoga centrale. L’intensa lectio magistralis di Marek Halter, scrittore e attivista francese di origine polacca, che ha ripercorso la nascita dell’ebraismo, da Abramo a Mosè, come importante percorso di affermazione dell’uguaglianza degli esseri umani.
Sinagoga centrale. Le note della fisarmonica di Omer Meir Wellber, direttore d’orchestra, musicista e scrittore israeliano conquistano la platea tanto quanto le sue parole che raccontano il rapporto tra Shabbat e musica, Torah e ascolto. A introdurlo la curatrice del festival Valeria Cantoni.
A Jewish and the City protagonisti anche i bambini con il laboratorio della redazione di DafDaf
Sinagoga centrale, saluti delle autorità, con il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, Sindaco di il presidente della Provincia di Milano; Walker Meghnagi, presidente della Comunità ebraica di Milano; Daniele Cohen, assessore alla Cultura della Comunità ebraica di Milano; Alfonso Arbib, rabbino capo della Comunità ebraica di Milano.
Teatro Parenti, Haim Baharier, studioso di ermeneutica biblica dialoga con lo psicanalista e criminologo Vittorino Andreoli, con la conduzione di Andrée Ruth Shammah e l’intervento di rav Roberto Della Rocca, direttore del Dipartimento educazione e cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e direttore scientifico del festival.
Esaurita in ogni ordine di posti la grande Sinagoga centrale di via Guastalla per l’apertura di Jewish and the City.
Per strada. Esilarante performance dell’artista israeliano Adrian Schvarzstein, che ha coinvolto i milanesi nel vagabondaggio del suo letto viaggiante.
Spazio e tempo. A Milano, al festival Jewish and the City si è parlato anche di massimi sistemi, grazie al confronto fra un geografo, Franco Farinelli, un filosofo, Vincenzo Vitiello, e un fisico, Claudio Bartocci, moderati da un rabbino, Roberto della Rocca, direttore del Dipartimento Educazione e Cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Che hanno tentato di comprendere il rapporto profondo e trascendente dell’ebraismo con la dimensione temporale, che in assenza di luoghi di culto fisico ha costituito storicamente anche quella spaziale, in particolare grazie al momento così speciale dello Shabbat, che rav Della Rocca ha definito una “disconnessione”. E passando da Einstein a Hegel il pubblico ha viaggiato nella dimensione unica e sospesa dello spazio-tempo alla ricerca di risposte, ma soprattutto di nuove prospettive.
Rotonda della Besana. File apparecchiate per il gusto di Shabbat in tavola.
Dalla Creazione alla Creazione. Evoluzione e tradizione a confronto all’Università statale di Milano nell’ultima giornata di Jewish and the City. Spaziando da Darwin alla lettura della complessità del rapporto che diede nei suoi scritti Primo Levi, ne hanno discusso lo scrittore Domenico Scarpa, consulente del Centro Internazionale di Studi che porta il nome del grande intellettuale torinese, rav Gianfranco Di Segni, coordinatore del Collegio rabbinico italiano e membro del Consiglio nazionale delle ricerche, Giulio Giorello, professore di Filosofia della Scienza all’Università degli Studi di Milano, moderati dalla giornalista scientifica e membro del comitato promotore Daniela Ovadia. A offrire al pubblico le parole di Primo Levi sul tema, dando lettura di alcuni brani da lui firmati, Miriam Camerini, attrice e regista.
Dopo oltre 48 ore di eventi, incontri e momenti di riflessione legati alla cultura ebraica, tempi maturi per un appuntamento dedicato alla madre di tutte le domande “di cosa parliamo quando parliamo di ebraismo?”. Cultura, etnia, tradizione, religione, intrecci identitari, e soprattutto linguistici al centro dell’incontro Chiavi di ebraismo, con Alessandro Guetta, professore di Letteratura Ebraica presso l’Institut national des langues et civilisations orientales di Parigi e lo storico del Cristianesimo dell’Università di Torino Giovanni Filoramo, introdotti dal direttore di Pagine Ebraiche Guido Vitale. A portare i saluti dell’Università degli Studi di milano, uno dei luoghi che hanno ospitato gli eventi del festival Jewish and the City, Saluti il professor Germano Maifreda.
Shabbat, la magia del Tisch al Teatro Franco Parenti
Etica e valore del riposo, etica e valore del lavoro. Tempo individuale e tempo collettivo. Diritti e doveri. Di questi temi si è discusso alla Fondazione Corriere della Sera, per il festival Jewish and the City, organizzato dalla Comunità ebraica e dal Comune di Milano con il patrocinio di Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Rai, Regione e Provincia. Protagonisti del dibattito Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, Andrea Guerra, amministratore delegato del gruppo Luxottica Group, David Meghnagi, professore di Psicologia dell’Università Roma Tre, Donatella Di Cesare, professore di Filosofia alla Sapienza di Roma e lo psicanalista francese Daniel Sibony. Il presidente Piergaetano Marchetti ha portato i saluti della Fondazione. A moderare l’incontro Stefano Jesurum, giornalista del Corriere della Sera.
Ivrit shel Shabbat, un viaggio nella lingua ebraica con la direttrice del Centro pedagogico dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Odelia Liberanome.
Jewish and the City anche alla Biblioteca Sormani
Mangiare alla giudia
Alla Società Umanitaria lezioni di cucina insieme a Labna.it
Lo Shabbat e il valore della vita
Il valore della vita ha un valore fondamentale, in particolare in due campi solo apparentemente in opposizione, quello della medicina e quello della religione. Rappresentati all’interno del festival milanese Jewish and the city nel corso dell’incontro organizzato in collaborazione con l’Associazione medica ebraica “Il valore della vita e lo Shabbat” rispettivamente da un medico chirurgo, Yehuda Skornick, già direttore del Magen David Adom, un rabbino, Rav Alberto Somekh per quanto riguarda la religione ebraica, e Vito Mancuso, docente di storia delle dottrine teologiche presso l’Università degli Studi di Padova, per una prospettiva teologica. Si può contravvenire ai divieti dello shabbath imposti dalla halachah quando si tratta di salvare una vita umana? La risposta è stata affermativa in tutti e tre i casi, è anzi un dovere. Al Magen David Adom si cerca di rispettare lo Shabbat il più possibile, avvalendosi di strumenti che evitino il più possibile il consumo diretto di energia, ma nessuna ambulanza esita mai a soccorrere chi chiama, senza mai far aspettare più di una manciata di minuti; lo Shulchan ‘Arukh recita: “Chi ha una malattia a rischio della vita, è mizvah profanare per lui il sabato, e chi è sollecito è degno di lode, mentre chi si attarda a domandare il permesso al rabbino è paragonabile ad un omicida”; e anche secondo un’etica più generalmente teologica, ha affermato Mancuso, “il valore della vita è superiore ad ogni altro, anche alla religione, che diventa così ad esso funzionale, guidando l’individuo a viverla nel modo migliore”.
Pagine Ebraiche & Corriere
Lo Shabbat con il rabbino capo
Cosa dice l’halachah riguardo allo Shabbat? Una lezione su questo argomento può trasformarsi in un lungo e complesso elenco di regole, oppure, come è avvenuto alla sinagoga centrale di via della Guastalla all’incontro col rabbino capo di Milano Alfonso Arbib nell’ambito del festival Jewish and the city, il pubblico è stato accompagnato in una riflessione delicata e profonda sul vero senso di un giorno diverso da tutti gli altri. Le similitudini all’apparenza oscure usate nel corso dei secoli dagli studiosi per tentare di definirlo, “una chuppah senza sposa, un anello senza sigillo” e molte altre, non sono altro che modi diversi per esprimere semplicemente quanto vuota sarebbe l’esistenza dell’uomo se mancasse un giorno in cui recuperare e celebrare il rapporto con la divinità, e questo è il vero segreto del funzionamento del mondo.
La lezione di rav Alfonso Arbib
Il grande arrivederci di Jewish and the City alla città sulle note klezmer del Trio Nefesh.
Così tra balli improvvisati (imperdibile il girotondo con, tra gli altri il presidente della Comunità Walker Meghnagi, il vicepresidente UCEI Roberto Jarach, gli assessori alla Cultura e alla Casa di Riposo della Comunità Daniele Cohen e Claudio Gabbai), battiti di mani e commenti pieni di soddisfazione sul festival è calato il sipario.
Le melodie balcaniche del gruppo Nemo Problema accompagnano il pubblico verso la Rotonda della Besana, in un corteo festoso e allegro, un autentico fiume di gente che ha invaso le strade per godersi poi il grande arrivederci di Jewish and the City.
I saluti degli organizzatori di Jewish and the City al pubblico.
“Il dono dello Shabbat non ha smesso di essere tale nemmeno nei lager, dove permetteva di sentirsi ancora degli esseri umani”. Così il direttore del Corriere della Sera e presidente della Fondazione Memoriale della Shoah di Milano Ferruccio De Bortoli ha sintetizzato il significato del tema del festival Jewish and the City, lo Shabbat, nell’ambito drammatico delle persecuzioni razziste, introducendo ieri pomeriggio l’incontro La resistenza spirituale durante la Shoah, organizzato in collaborazione con L’associazione Figli della Shoah nell’auditorium del Memoriale, aperto per la prima volta al pubblico. Incontro che ha visto la partecipazione di Roberto Jarach, vicepresidente della Fondazione Memoriale della Shoah di Milano e vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, rav Giuseppe Laras, presidente emerito dell’Assemblea rabbinica italiana, Wlodek Goldkorn, responsabile culturale de L’Espresso e il germanista Roberto Cazzola.
Il silenzio come elemento necessario a far emergere la parola, il silenzio nel rapporto con D-o, il silenzio e i suoi vari significati. Così la lectio magistralis del talmudista francese Marc-Alain Ouaknin.
Grande anche la partecipazione degli iscritti alla Comunità ebraica milanese agli eventi di Jewish and the City. Nell’immagine tra gli altri il presidente Wlaker Meghnagi e il vicepresidente UCEI Roberto Jarach.
Silenzio. Silenzio nella tradizione scritta e nella tradizione orale. Come unico strumento per far risuonare la parola, per innalzare la musica. E’ dedicato al silenzio, il gran finale di Jewish and the City. In una Sinagoga centrale piena fino alle ultime file del matroneo, a offrire spunti e suggestioni comparate sono il rabbino Benedetto Carucci Viterbi, il priore Enzo Bianchi, lo scrittore Erri De Luca, introdotti dalla saggista Gabriella Caramore, e accompagnati dalla chitarra del maestro Emanuele Segre.
(settembre/ottobre 2013)