Qui Milano – Il rabbino capo “Fondamentale il rilancio”
Un’occasione per trovarsi più vicino alla gente della comunità, e soprattutto alla scuola. Ma anche un momento in cui interrogarsi, sul serio, a proposito di cosa si può fare per il Tempio centrale. Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano dal 2005, offre questa lettura della scelta del Consiglio della Comunità di spostare la sede dell’Ufficio rabbinico dal complesso di via Guastalla 19, a due passi dal tribunale e dal centro, all’edificio scolastico di zona Bande Nere. “Ho alcune perplessità, ma non mi oppongo” le parole che aveva pronunciato nel corso della riunione di Consiglio. A qualche settimana di distanza torna sul tema, tenendo a sottolineare come la decisione assunta dal governo comunitario vada considerata innanzitutto guardando alle opportunità e al buono che potrà offrire, senza tuttavia dimenticare le domande cui sarà necessario dare risposta. “Sicuramente ci sono molte implicazioni positive nel trasferimento, che sono basate su un fatto oggettivo: la vita comunitaria si è spostata verso quell’area della città. Lì ci sono innumerevoli Batei Knesset, la scuola, i ristoranti kasher…”. “Certo – sottolinea il rav – questo non implica necessariamente che debba esserci anche l’Ufficio rabbinico, però indubbiamente quando mi trovo in zona, in tantissimi mi fermano, mi cercano, chiedono un momento per parlare, dunque l’esigenza esiste. Inoltre tengo molto all’opportunità di un potenziamento del mio contatto con la scuola, una possibilità che esiste solo con una maggiore presenza sul territorio, un fattore che potrà forse anche stimolare una più intensa collaborazione con le altre sinagoghe della zona”. L’idea di trasferire il Rabbinato centrale non è nuova. La proposta è stata avanzata diverse volte negli ultimi anni e rav Arbib spiega come lui stesso fosse inizialmente piuttosto favorevole. “Eppure oggi mi rendo conto che la situazione è più complessa di quanto non pensassi in un primo momento. Via Guastalla rimane il punto di riferimento di persone e iniziative. Avere o meno una presenza lì, cambia. Inoltre il Tempio è in crisi e, sebbene a livello teorico lo spostamento degli Uffici non dovrebbe influire, in concreto è difficile pensare che in qualche modo non accada, specie per il minian nei giorni feriali”. Oltre al rischio di rendere più difficili le cose per un’istituzione già provata, rav Arbib ricorda anche che in tanti considerano lo spostamento fino alla zona della scuola un autentico viaggio (“e viceversa – spiega – una situazione che fa sorridere considerando che le distanze sono piuttosto ridotte paragonandole a quelle di tante altre città, Roma compresa”) e che in via Guastalla arrivano persone, soprattutto anziane, non solo per esigenze di documenti, ma anche per trovare un po’ di compagnia o supporto della Comunità. Senza dimenticare poi quelle centinaia e centinaia di iscritti che come ogni anno, racconta rav Arbib, hanno riempito fino all’inverosimile la sinagoga per Yom Kippur. “Praticamente parliamo di un quinto della Comunità. Tutti sappiamo quanto sarebbe fondamentale coinvolgerli più intensamente, la domanda è come riuscirci”. Così il rav spiega che ci sono due punti importanti che devono a suo parere accompagnare questo trasferimento: la garanzia di una certa riservatezza a coloro che si recano all’Ufficio rabbinico rispetto agli altri locali della Comunità e soprattutto un piano di rilancio per via Guastalla. “Un rilancio che proietti il Tempio non in una dimensione museale, ma come luogo di Tefillah, perché questo deve essere innanzitutto, e poi di studio e di attività sociali ebraiche. Ricordando che ciò che si è fatto in questi anni e si continua a fare coinvolge proprio i tanti che abitano in quella zona e che non vanno dimenticati”.
Italia Ebraica, ottobre 2013
(14 ottobre 2013)