16 ottobre – Il sindaco Marino “Roma s’inchina. Senza Memoria non c’è civiltà”
Il sindaco di Roma Ignazio Marino ha pronunciato, in occasione della cerimonia per la commemorazione del settantesimo anniversario del 16 ottobre 1943 presieduta dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il seguente discorso:
Signor Presidente della Repubblica,
Autorità,
Signore e Signori,
siamo oggi riuniti nel Tempio Maggiore, nel luogo sacro per la comunità ebraica di Roma, per ricordare insieme uno dei giorni più tristi di questa città: il 16 ottobre 1943.
Prima di proseguire, mi sia consentito di porgere un sentito saluto al Presidente delle Comunità Ebraiche Italiane, Renzo Gattegna, al Presidente della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, e al Rabbino Capo di Roma, Riccardo Di Segni.
Sono trascorsi settant’anni da quando le politiche di deportazione e di sterminio colpirono il cuore di Roma.
Lo fecero nel modo più vile, con la colpevole complicità ed il silenzio del regime.
Lo fecero tra le case del Portico d’Ottavia, di via del Tempio, di piazza Costaguti e di piazza Mattei, da dove oltre mille ebrei romani, tra donne, bambini e uomini, furono strappati senza una ragione. Nel cuore della più antica comunità romana.
Lo stesso accadde in altri quartieri della città, selezionati dal Comando tedesco.
L’indifferenza colpevole di quei giorni, fu un’altra atroce ferita inferta alla Comunità Ebraica, che ancora oggi non ha rimarginato le sue ferite.
Gli ebrei romani, già duramente colpiti dalle leggi razziali del 1938 che li privarono di ogni diritto, all’alba del 16 ottobre videro persa anche la speranza.
Prima di essere portati a morire, vennero stipati nelle sale del Collegio Militare di via della Lungara e poi, dopo due giorni, caricati sui carri merci alla Stazione Tiburtina.
Oggi – dicevo – siamo qui per ricordare.
Per ricordare a tutti i cittadini di Roma e d’Italia quanto accadde settant’anni fa nel cuore della Capitale.
Perché il 16 ottobre 1943 assuma il valore di una storia condivisa.
Guardiamo al nostro passato per ricordare, per comprendere e mettere a fuoco immagini solo apparentemente lontane, ma che ancora ci appartengono.
Vogliamo ricordare, perché dimenticare sarebbe l’offesa più grande verso chi ha perso la vita, verso chi ha patito sofferenze inaudite.
Per queste ragioni vogliamo tenere viva la memoria di quanto accadde il 16 ottobre 1943 a Roma.
Perché senza memoria non c’è civiltà. Non c’è cultura.
Non c’è umanità.
La memoria è lo strumento più forte di cui disponiamo per combattere l’indifferenza, perché riesce a far vivere ricordi e avvenimenti.
E noi quegli avvenimenti e quei ricordi vogliamo che siano palpitanti nelle coscienze e nei cuori di ognuno di noi.
Per celebrare le vittime, che non furono solo ebrei, ma disabili, zingari, politici, omosessuali, e – al tempo stesso – onorare i sopravvissuti.
Ricordare il 16 ottobre a Roma e la Shoah in Italia serve anche a questo.
A fare sentire meno soli i sopravvissuti.
Ed è a loro che desidero rivolgermi in questo momento.
A tutti i sopravvissuti presenti oggi a questa celebrazione a cui giungano i più profondi sentimenti di affetto.
A Lello Di Segni ed Enzo Camerino, gli unici due deportati del 16 ottobre del 1943 ancora in vita.
Dinnanzi a voi, e ai tanti deportati che ormai non ci sono più o che non hanno potuto essere qui questa mattina, la Città di Roma si inchina e vi ringrazia.
Vi ringrazia perché molti di voi, che avrebbero le ragioni per dimenticare, per scordare il dolore vissuto, hanno invece trovato la forza per testimoniare.
È un regalo che fate a tutti noi.
Perché ci offrite un’opportunità: costruire un futuro che non ripeta tanto orrore.
“Ci sono cose che tutti vogliono dimenticare. Ma io no. – diceva Settimia Spizzichino, unica donna sopravvissuta al 16 ottobre –. Io della mia vita voglio ricordare tutto, anche quella terribile esperienza che si chiama Auschwitz… anche per i tanti altri che dai Lager non sono usciti. …Devo ricordare per raccontare anche la loro storia …specialmente ogni volta che qualcuno osa dire che tutto ciò non è mai accaduto”.
Fra tre giorni andremo con gli studenti di 24 scuole superiori di Roma ad Auschwitz.
Lo abbiamo voluto, nonostante il bilancio non ce lo permettesse.
Con noi ci saranno storici ed insegnanti.
Ci saranno Piero Terracina e Sami Modiano.
Ci sarà Shlomo Venezia, che diverse volte ha partecipato al Viaggio della Memoria, e che quest’anno ci seguirà da lontano.
Le loro parole saranno per i nostri giovani una sorta di eredità storica, un passaggio di testimone per costruire la memoria collettiva per una società migliore.
Quest’anno celebriamo il 16 ottobre 1943 a poche ore dalla morte di uno dei più atroci nazisti e negazionisti.
La mia coscienza mi ha imposto una scelta netta ed inequivocabile: non potevo permettere che l’addio ad un criminale nazista si trasformasse in una parata revisionista.
Roma – medaglia d’oro della Resistenza, oltre che profondamente antifascista e antinazista – non può accettare uno schiaffo alla sua storia e alla sua comunità.
Non potrà mai essere il teatro di burattini dalle teste più vuote che rasate.
Lo facciamo nel nome dei romani che il 16 ottobre 1943 furono deportati.
Lo facciamo nel nome dei martiri delle Fosse Ardeatine e di tutti coloro che sono stati trucidati per mano fascista e nazista.
Lo facciamo per ridare vita ai loro nomi.
Per ridare vita alle loro voci.
“Io sono qui e nessuno racconterà la mia storia” ha scritto un deportato su un muro di Bergen Belsen.
Noi siamo qui proprio perché questa storia vogliamo raccontarla ancora.
E domani, in Assemblea Capitolina, aggiungeremo un altro tassello a questo racconto.
Celebreremo per la prima volta la data del 16 ottobre come giornata simbolo del rifiuto di qualsiasi forma di violenza, a perenne monito contro ogni manifestazione di intolleranza ideologica, razziale e religiosa.
Perché Roma non vuole restare in silenzio.
Grazie.
Ignazio Marino, sindaco di Roma
(16 ottobre 2013)