16 ottobre – Ricordare e non dimenticare

marciaScorrono le immagini al Portico di Ottavia nel silenzio della folla. Un fiume di persone che, dopo aver percorso silenziosamente le vie dell’antico ghetto, guarda i volti di chi non è tornato. La Comunità ebraica di Roma ricorda con dolore e commozione il 16 ottobre, data in cui settant’anni fa i nazisti cercarono di cancellarla, rastrellando e deportando oltre mille persone (1022 e solo sedici tornarono da Auschwitz). Le loro fotografie, tra cui quelle di ventidue bambini, scorrono sul muro del Portico d’Ottavia in occasione della marcia organizzata ieri dalla Comunità ebraica romana. A guidare le centinaia di persone in corteo, i sopravvissuti allo sterminio mentre voci commosse scandiscono i nomi di chi non c’è più, di chi da quell’inferno non è riuscito a salvarsi. Perché Roma non dimentica, perché “ricordare e non dimenticare è un dovere di tutti”, come recita lo slogan dell’iniziativa ideata da Elvira Di Cave, assessore alla Memoria della Comunità ebraica della Capitale e primario all’ospedale israelitico della città. “Siamo qui per alimentare la memoria, per trasmetterla ai nostri figli e nipoti” afferma Di Cave al termine dell’evento, a cui partecipa il presidente della Comunità Riccardo Pacifici, conclusosi simbolicamente fra le mura del Tempio Maggiore di Roma. L’assessore ringrazia i testimoni, il cui coraggio, le cui parole sono state un insegnamento e non devono e possono essere dimenticate. Nel giorno in cui al Senato – presente al Tempio, a titolo personale, il senatore Lucio Malan – è passato il ddl che istituisce il reato di negazionismo (ora da approvare alla Camera), gli ebrei romani si riuniscono perché quel passato doloroso e traumatico non cada nell’oblio.
“Vogliamo vivere da soli il nostro dolore” sottolinea Di Cave che saluta, tra gli altri, la famiglia Gaj Taché. Al piccolo Stefano, ucciso nell’attentato alla Sinagoga Maggiore che il 9 ottobre 1982 colpì nuovamente al cuore la comunità ebraica, è dedicata la piazza di fronte al Tempio. Da lì simbolicamente è partita la marcia, perché anche quel dolore rimanga impresso nella memoria.
“Abbiamo passeggiato numerosi nell’antico ghetto – afferma rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma – noi così numerosi, dimostrazione del miracolo di questa Keillah, ancora più forte, ancora più unita nonostante la guerra l’abbia distrutta e massacrata”. Nel tempio risuonano gli applausi, dedicati soprattutto ai testimoni. “Questa sera siamo qui per loro”, spiega commosso Marcello Pezzetti, direttore scientifico del Museo della Shoah, di cui è presente il presidente Leone Paserman. “Siamo qui per abbracciarli – continua Pezzetti che dedica prima un ricordo alle vittime – Loro sono con noi e noi siamo con loro”. A chiudere la serata, il coro dei bambini della Scuola ebraica, a loro è affidata la custodia della Memoria, quell’imperativo “io non dimentico”, fondamento necessario per la costruzione di una coscienza civile diffusa.

Daniel Reichel

(16 ottobre 2013)