Ticketless – L’abito del signor Amedeo
Non lontano dal negozio di mio nonno, abitava il signor Amedeo Cassina, al numero 3 di via Milazzo. Presumo fosse un cliente, che nell’autunno 1943 aveva deciso di farsi un vestito nuovo. Nel fascicolo d’archivio, dove si conservano le carte relative al sequestro dei beni e alla gestione dei medesimi, si trova la ricevuta che qui riproduco. Il documento non è di semplice interpretazione; appartiene a quel genere di carte di cui spesso mi servo per spiegare agli studenti come sia difficile, ma affascinante mestiere la critica delle fonti. In gioco c’è un problema serio: nel 1943-1945 quale percezione si aveva del destino degli ebrei in una piccola città di provincia? Dalla ricevuta si apprende, questo è sicuro, che nella fredda mattina del 10 gennaio 1944, il signor Amedeo uscì di casa e andò alla sede di via S. Cristoforo 8 della Cassa di Risparmio per onorare il suo debito. Poteva ignorare che mio nonno da due mesi era scappato con la famiglia? Lo dubito. Il negozio era stato abbandonato dalla sera alla mattina, le serrande abbassate, da settimane non si vedeva più in giro il signor Aristide. Avrebbe potuto rimanere a casa, il signor Amedeo. Ogni domenica, come usava fino a non molti anni fa, avrebbe potuto indossare l’abito che, tra settembre e dicembre gli avrà confezionato il sarto. Altri diversi da lui non avrebbero avuto scrupolo di coscienza. Invece si recò in banca e fece il versamento: “Io sottoscritto eccetera … denuncio di essere in debito verso il signor Aristide Segre negoziante in tessuti, residente in Vercelli, via Rodi 7 della seguente somma: lire 400”. L’11 gennaio del 1944 i miei nonni erano in mezzo alla strada, alla vigilia di un pericoloso viaggio che da Varallo Sesia li avrebbe portati a Santena. Quelle 400 lire avrebbero fatto comodo e per quanto sia complessa la critica di una fonte come questa non mi sentirei di escludere che il signor Amedeo quella mattina si sia illuso di avere la possibilità di aiutare un amico o semplicemente essere a posto con la coscienza. Indossare quell’abito forse stava diventando per lui una sofferenza? Voglio verificare se nelle carte dell’Egeli, l’ente che si occupava dei beni sequestrati agli ebrei, si trovano ricevute simili. Gli storici spesso non attribuiscono importanza ai vestiti, dimenticano che li indossano gli uomini e non tutti gli uomini indossano gli stessi abiti nello stesso modo. Se fosse vivo un nipote del signor Amedeo, dovrebbe avere circa la mia età. Conserverà quell’abito fatto con un tessuto più di ogni altro capace di riscaldare?
Alberto Cavaglion
(23 ottobre 2013)