Ticketless – Manuale di sopravvivenza

cavaglionOpporsi alla legge non vuol dire sottovalutare il negazionismo. Sfogliando in treno il dossier di questo portale ho abbozzato un piccolo decalogo di sopravvivenza: 1) una proposta lessicale: preferirei parlare di vario negazionismo; 2) tutti coloro che sono intervenuti, mi ci metto anch’io, usano un tono moralistico: c’è il pericolo di una retorica dell’anti-negazionismo 3) ciascuno nel suo campo dovrebbe suggerire qualcosa di concreto 4) ad esempio, le redazioni dei maggiori quotidiani: non avrebbero dovuto lasciare in rete per una settimana abbondante il testamento di Priebke 5) la scuola: in sala prof. o davanti alla macchinetta del caffè nell’intervallo bisognerebbe con più energia contrastare la teoria secondo la quale l’attacco alle Torri Gemelle sarebbe stato il frutto di un complotto ebraico: forma di negazionismo scolastico diffuso fra docenti di storia e più insidioso delle sortite del mio allievo che frequenta Casa Pound 6) per il fatto di essere vario, il negazionismo italiano non sempre è preoccupante, lecito riderci sopra: il caso-Odifreddi smascherato da quelli della Zanzara dovrebbe rassicurare i molti che gridano al lupo (lo scherzo della telefonata del finto papa Bergoglio è un capolavoro radiofonico che chiederei fosse inserito nel dossier) 7) la retorica della “banalità del male”, a dispetto dell’ignara Hannah Arendt, in Italia da circa un decennio e forse più ha generato la bufala giornalistica di un Priebke che sarebbe nascosto in ciascuno di noi. 8) Le mie debolezze non sono poche, ma il ghigno di Priebke al mattino quando mi guardo allo specchio non riesco a vederlo, nemmeno nello sguardo dell’allievo che frequenta casa Pound di cui al punto 4. 9) Chi sostiene la tesi grottesca del demone che giorno dopo giorno ci sbudella è pregato di pensare per sé e rileggere la Arendt con maggiore rispetto. 10) assai più pericoloso del professor Moffa è il negazionismo dissacratore che s’insinua in tanta storiografia sulla Resistenza e sulla deportazione. Individuata la zona d’ombra o il segreto di un testimone, si tenta di delegittimare come fallace l’intera sua testimonianza: è accaduto con Anna Frank, temo, sempre più frequentemente accadrà con Primo Levi. Su questo punto mi piacerebbe leggere come la pensano i docenti universitari, che nel 2007 avevano sottoscritto l’appello, i quali però mi sembra che dormano sonni beati.

Alberto Cavaglion

(30 ottobre 2013)