1943-2013, Genova non dimentica
Oltre 2mila persone per le strade del centro storico. Un sentimento di fratellanza e condivisione diffuso in tutta la cittadinanza a caratterizzare le iniziative organizzate nel 70esimo anniversario della deportazione degli ebrei dal capoluogo ligure.
Dalla sinagoga al teatro Carlo Felice: i molti interventi succedutisi nei diversi luoghi coinvolti nell’iniziativa hanno segnato un comune impegno per un futuro di pace e reciproca comprensione tra i popoli. “Non c’è futuro senza Memoria”, si leggeva su un grande striscione a sfondo blu.
Al fianco della Comunità ebraica il pieno sostegno delle istituzioni e della Comunità di Sant’Egidio, che ha organizzato l’emozionante fiaccolata silenziosa snodatasi per le vie di Genova nel solco di quanto avviene ormai da molti anni a Roma e in altre città italiane.
In apertura di cerimonia la solenne commemorazione in sinagoga officiata dal rabbino capo Giuseppe Momigliano, che ha letto una preghiera in ricordo delle vittime e chiamato sul palco uno degli ultimi sopravvissuti alla Shoah italiana, il testimone Gilberto Salmoni. Un pensiero è andato in particolare a Dora Venezia, da poco scomparsa, che aveva fatto della testimonianza dell’orrore di Auschwitz un suo personale impegno con gli studenti genovesi. Ad essere salutato anche Giuseppe Di Porto, sopravvissuto alla retata alla sinagoga che oggi, ha detto il rav, “vive a Roma circondato da figli, nipoti e pronipoti”.
Parole, gesti, emozioni che hanno dato impulso al corteo. Tutto attorno una città attenta e consapevole che non ha fatto mancare la propria vicinanza nel giorno del ricordo più doloroso.
A partire dal primo cittadino, Marco Doria, che ha ripercorso l’ascendenza ebraica della sua famiglia raccontando, per la prima volta in pubblico, la storia e le vicissitudini affrontati da alcuni parenti stretti durante le persecuzioni.
Piero Dello Strologo, presidente del centro culturale Primo Levi, ha spiegato – addentrandosi nei particolari – quell’oscuro momento storico e alcune tappe di grande drammaticità della macchina persecutoria. Come l’arresto del rabbino capo Riccardo Pacifici, catturato dalle SS, trasferito sanguinante a Marassi e successivamente deportato ad Auschwitz.
Ad essere deportati da Genova 238 ebrei genovesi. Uomini, donne e bambini. Sarebbero tornati soltanto in dodici. Nomi e cognomi delle vittime dell’odio sono stati pronunciati uno per uno da Ariel Dello Strologo, consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, intervenuto in rappresentanza del presidente della Comunità ebraica Amnon Cohen (la foto è di Emanuele Dello Strologo).
Dedicato al tema degli apolidi in un denso parallelo tra vicende del passato e sfide dei giorni nostri l’intervento del giornalista Gad Lerner, che ha posto particolare attenzione al tema dell’integrazione e alla necessità, nelle società democratiche e progredite, di tendere una mano verso chi soffre. Un insegnamento sempre attuale, che proprio dalla Memoria dell’orrore di ieri trae un impulso vitale e imprescindibile per costruire un domani migliore.
“Aderire a queste iniziative – ha spiegato Andrea Chiappori, presidente di Sant’Egidio Genova – esprimere la scelta di non perdere la memoria, ma di spendersi perché chi viene dopo la raccolga”.
(4 novembre 2013)