Time out – Non ne sentiremo la mancanza
La vogliamo dire la verità? Se qualcuno avesse posto davvero il veto sulla partecipazione di Moni Ovadia al festival promosso dalla Comunità ebraica di Milano avrebbe fatto bene. Sì, perché quel giullare che da anni si definisce comico, oltre a non avere nessuna particolare qualità artistica, è anche da tempo uno dei maggiori propagandisti d’odio nei confronti del popolo d’Israele. Lui che inneggia alla diversità e poi vorrebbe una Comunità sul modello staliniano in cui tutti la pensano esattamente come lui. Lui che strumentalizza la Torah per dirci che dovremmo stare dalla parte di chi ci vorrebbe morti. Lui che va a braccetto con antisemiti e gente che invoca la distruzione d’Israele. Questo è Moni Ovadia. E la verità è che non ci stupisce più.
Amico di chi, come Arrigoni, definiva gli ebrei (non gli israeliani) topi. Amico di chi disegna vignette antisemite di donne ebree con il naso adunco. Amico di chi, come lui, definisce resistenza il terrorismo palestinese. Lo stesso terrorismo che lancia missili e compie attentanti suicidi e che anche qui in Italia costringe i bambini ebrei ad andare a scuola scortati dalla polizia. Per questo lui un invito non se lo merita. Perché oltre alla menzogna di cui quotidianamente fa uso Moni Ovadia negli anni ha rappresentato il megafono di un certo odio antiebraico e perché in un festival di cultura ebraica un personaggio che non rispetta il principio più importante dell’ebraismo, l’Haavat Israel (l’amore tra ebrei), non merita di trovare posto. E poco importa che a difenderlo sia un altro personaggio come Gad Lerner. Un altro personaggio mediocre e ipocrita, la cui indignazione è sempre a senso unico e non riguarda mai i suoi amici con cui condivide i salotti. E se questi due non si sentono più a loro agio con un certo modello di comunità peggio per loro. Non saremo certo noi a sentirne la mancanza.
Daniel Funaro
(7 novembre 2013)