Quell’Europa avvelenata

Schermata 2013-11-10 alle 11.56.34L’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (Fra) ha presentato negli scorsi giorni il rapporto della propria indagine su “Esperienze di discriminazione e di reati generati dall’odio subiti dagli ebrei degli Stati membri dell’Unione europea”. Ad anticipare i risultati, con un particolare focus sull’Italia, su Pagine Ebraiche era stato negli scorsi mesi il demografo dell’Università ebraica di Gerusalemme Sergio Della Pergola (il cui testo è pubblicato di seguito).
“L’American Jewish Committee ribadisce il suo appello per una maggiore coordinazione a livello europeo nella lotta contro l’antisemitismo, in seguito alla pubblicazione odierna del sondaggio UE condotto tra gli ebrei di alcuni paesi europei” l’auspicio espresso dall’AJC in seguito alla pubblicazione. “Negli ultimi anni abbiamo letto numerosi rapporti sulla crescita dell’antisemitismo in Europa – ha affermato Daniel Schwammenthal, direttore dell’Istituto Transatlantico dell’AJC – L’inchiesta della FRA conferma quei risultati allarmanti e riflette effettivamente le preoccupazioni dei cittadini ebrei in Europa”.

L’Agenzia per i Diritti Fondamentali (Fra), con sede a Vienna, ha il compito di monitorare e di prevenire le manifestazioni di intolleranza e di discriminazione basate su etnia e religione nell’Unione Europea. Nel 2012, con una decisione che ha sorpreso gli euroscettici, la Fra ha lanciato una grande indagine conoscitiva sulle percezioni dell’antisemitismo da parte della popolazione ebraica nei paesi dell’Ue: in ordine decrescente di dimensioni comunitarie, Francia, Regno Unito, Germania, Ungheria, Belgio, Italia, Svezia, Romania e Lettonia. Dunque, nove paesi, due mediterranei, quattro del centro-nord continentale, e tre ex-comunisti, con in complesso il 93 per cento del totale degli ebrei dell’Ue. All’indagine, coordinata da Jewish Policy Research di Londra tramite internet nei mesi estivi del 2012, hanno partecipato oltre 6 mila persone rappresentative dell’intero collettivo ebraico, anche se l’uso differenziale della rete produce qualche squilibrio. In Italia, su 650 risposte totali, l’incidenza fra i più giovani è stata minore rispetto agli anziani, e Roma risulta sottorappresentata rispetto alle comunità più piccole. I risultati sono oggetto di un rapporto di ricerca di cui la Fra detiene il diritto di prima pubblicazione che avverrà entro l’anno. Vediamo intanto qualche prima anticipazione. Il fatto stesso che qualcuno in Europa abbia sentito la necessità di informarsi sulla natura e l’entità del fenomeno antisemita è indizio di un senso di disagio degno di nota viste le molte recenti prese di posizione non proprio amichevoli delle istituzioni europee su temi d’interesse ebraico. Ancora più notevole è che si siano interrogate direttamente le vittime delle manifestazioni di odio e discriminazione, riconoscendo quindi agli ebrei un ruolo di attore sulla scena europea: ruolo spesso negato o marginalizzato al di là della retorica sulle radici giudaico-cristiane di un’Europa che, con pari retorica, si può definire pagana e crescentemente islamica. In tutti i paesi europei vi è una chiara percezione che le manifestazioni di antisemitismo e di razzismo siano in forte aumento. I paesi più gravemente esposti sono l’Ungheria, la Francia e il Belgio. L’Italia segue al centro del gruppo, ma specialmente a Milano l’indice di aumento del razzismo è alto. Fra le preoccupazioni degli ebrei italiani, tuttavia, antisemitismo e razzismo sono preceduti in primo luogo dalla disoccupazione, poi dallo stato dell’economia e dalla corruzione pubblica. Il 75 per cento degli ebrei italiani ritengono il razzismo un problema grave e il 60 per cento pensa che lo sia l’antisemitismo. Ma l’aliquota di coloro che sono stati insultati o molestati verbalmente sfiora il 20 per cento. Nessun membro italiano del campione europeo ha segnalato episodi di aggressione fisica, registrati soprattutto in Francia e in altri paesi. Il credo religioso risulta il fattore a più alto rischio di discriminazione (15-20 per cento), con valori molto inferiori per l’età, il sesso, o la disabilità fisica. I contesti sociali della discriminazione riguardano in primo luogo l’ambito della ricerca di lavoro (25 per cento), seguita da posto di lavoro e scuola (10-15 per cento), con valori decrescenti e bassi (sotto il 5 per cento) per la ricerca della casa, l’assistenza sanitaria, i luoghi pubblici di ricreazione, le banche o le aree commerciali. In Italia, a differenza di altri paesi, è ancora molto bassa anche la percezione di mancanza di equità nei confronti degli ebrei da parte della polizia, dei tribunali, o di consulenti professionali nella medicina o nell’immobiliare. Nell’ambito scolastico vi è una grande differenza fra Roma e le altre conunità. Nella capitale oltre il 15 per cento riporta incidenti ai danni dei propri figli che risultano invece rari altrove. Fra i luoghi dove in Italia è possibile reperire espressioni di antisemitismo, quello maggiormente infestato è internet, segnalato dall’80 per cento dei partecipanti all’indagine. La strada, i trasporti pubblici, le situazioni sociali si assestano sul 60 per cento, eventi politici e l’accademia attorno al 30 per cento, eventi culturali e sportivi attorno al 20 per cento. Qui Roma si distacca dalle altre città con una percentuale quasi doppia di persone che indicano gli stadi come luoghi privilegiati di manifestazioni antisemite. Anche nel giudizio sull’incidenza profonda dell’antisemitismo primeggia internet dove oltre la metà degli indagati ritiene la situazione molto grave, circa il doppio rispetto alla gravità attribuita ai mezzi di comunicazione di massa, e rispetto a valori dal 15 per cento a meno del 10 per cento per i graffiti antisemiti, la profanazione di cimiteri ebraici, il vandalismo ai danni di edifici ebraici, l’antisemitismo nella politica, e l’ostilità antiebraica nei luoghi pubblici. Fra i contenuti percepiti del messaggio antisemita, la frase udita con maggiore frequenza riguarda la trasposizione degli israeliani “da vittime a persecutori” (quasi 60 per cento hanno sentito spesso questa frase). Seguono per oltre il 30 per cento le osservazioni sullo “sfruttamento dell’olocausto da parte degli ebrei” e sul loro “eccessivo potere economico”. Infine fra il 15 e il 25 per cento gli stereotipi su “l’olocausto è un mito”, gli ebrei “hanno causato la crisi economica”, “non possono integrarsi in nessun paese”, “hanno interessi differenti da quelli nazionali”, e “non costituiscono una nazione”. Ma quando gli stessi partecipanti all’indagine esprimono che cosa per loro sia veramente offensivo, l’ordine dei fattori è diverso e la negazione o vilificazione della Shoah prende nettamente il sopravvento sul vilipendio nei confronti di Israele. Il che dimostra una persistente indipendenza di giudizio e di percorsi fra ebrei italiani e Stato ebraico, contrariamente a molte ipotesi. Quali sono le matrici politiche percepite dell’antisemitismo? In Italia, al primo posto la sinistra, seguita dalla destra (prima in Ungheria), poi a notevole distanza la matrice islamica (che domina in Francia) e quella cristiana. Ma a Roma è la destra a essere percepita come fonte primaria dell’odio. Poi la reazione ebraica su possibili divieti legislativi, proposti o attuati, circa due fondamentali riti ebraici, la circoncisione e la macellazione rituale: rispettivamente 60-70 per cento e 40-50 per cento percepiscono queste proposte limitative come grave violazione dei propri diritti civili. In questo clima matura l’ordine d’importanza percepito dall’ebreo italiano delle diverse odierne opzioni identitarie ebraiche. La lotta all’antisemitismo sale al primo posto, insieme al ricordo della Shoah, e al mantenimento di un alto codice etico. In seconda linea appoggio a Israele, la cultura ebraica, celebrare le feste in famiglia, credere in Dio, e sentirsi parte del popolo ebraico. Infine osservare il sabato, studiare testi ebraici, donare a opere di assistenza, e osservare i precetti tradizionali. Di fronte alla situazione emergente se necessario prenderebbero in considerazione la possibilità di emigrare dal paese perché non si sentono di potervi vivere con la necessaria sicurezza in quanto ebrei, in Romania, Lettonia, Svezia e Regno Unito fra il 15 e il 20 per cento; in Italia circa il 20 per cento; in Germania 25 per cento, in Belgio 40 per cento, in Francia e Ungheria 45 per cento e oltre. Il dato italiano naturalmente è interessante alla luce delle controverse esternazioni delle ultime settimane, anche perché è stato espresso ben prima del successo elettorale di Beppe Grillo. Queste cifre vanno valutate evidentemente come espressione di preoccupazione e non come previsione di fatto. Ma i dati reali sulle migrazioni ebraiche dall’Europa sono istruttivi: dal 1990, circa 80 mila persone sono arrivate in Israele dai nove paesi dell’indagine, e molti altri hanno scelto altri paesi extraeuropei. È ormai divenuto luogo comune dell’azione di vilipendio che non è più possibile sollevare rilievi agli ebrei o a Israele, perché chi lo fa viene tacciato di antisemitismo. Dall’indagine Fra emerge invece il profilo di un ebreo italiano ed europeo di ben altra maturità e capacità critica. Ci si rende ben conto della differenza fra il percepire un fenomeno antisemita e il subirne direttamente le manifestazioni. Il fenomeno che gli ebrei denunciano è reale e in pericolosa ascesa. Ed è inquietante che Roma capitale sia segnalata come luogo maggiormente inquinato.

Sergio Della Pergola, Università ebraica di Gerusalemme

Pagine Ebraiche, maggio 2013

(10 novembre 2013)