Periscopio – Pregiudizi
In un interessante articolo apparso sull’ultimo numero di Pagine Ebraiche (sintesi di un più ampio intervento svolto al Convegno del 16 ottobre a Montecitorio, in commemorazione della deportazione del ’43), Betti Guetta torna sui risultati della ricerca svolta lo scorso anno dal CDEC sull’immagine degli ebrei in Italia, commentando i dati salienti emergenti da tale indagine.
Gli elementi principali della rappresentazione della realtà ebraica nell’immaginario collettivo, che emerge dall’indagine del Centro di Documentazione, e su cui la Guetta si sofferma nella sua analisi, sono essenzialmente due, e sono ben noti: ignoranza e pregiudizio. Degli ebrei la gente ha una conoscenza superficiale, distorta, per sentito dire, spesso senza alcun fondamento reale. Ma, ciò nonostante, molti hanno su di loro delle credenze stereotipate, fondate su pregiudizi vecchi e nuovi, molto facili a generarsi e molto difficili a scomparire.
Nel sottoscrivere interamente le considerazioni dell’articolista, vorrei solo formulare due brevissime considerazioni su questi due fattori negativi (ignoranza e pregiudizio), e, soprattutto, aggiungere un terzo, importante elemento di distorsione della conoscenza.
Quanto all’ignoranza, è verissimo che essa, riguardo all’ebraismo, è dilagante. Ma si potrebbe osservare che questo non è un elemento valido a distinguere la conoscenza specifica del popolo ebraico da parte dell’italiano medio. Forse che gli italiani ne sanno di più sui cinesi, sui luterani, sui russi? Probabilmente di meno.
Quanto ai pregiudizi, anch’essi abbondano, su pressoché tutti gli altri popoli. Quasi tutti credono di avere delle pseudo-certezze sui musulmani, sugli zingari, sugli americani, e non mostrano alcun desiderio di metterle in discussione. Ma, da questo punto di vista, gli ebrei vantano il poco invidiabile primato di contare, da soli, più pregiudizi di tutti gli altri gruppi messi insieme, e – altra esclusiva – assolutamente contraddittori gli uni rispetto agli altri. Se tutti gli altri sono contraddistinti da alcuni specifici pregiudizi negativi, e non da altri, gli ebrei, e solo loro, possono essere, contemporaneamente, tutto e il contrario di tutto: tutti bolscevichi e tutti miliardari, tutti inermi e tutti aggressivi, tutti atei e tutti bigotti.
Ma a questi due elementi di distorsione ne aggiungerei un terzo, che pare un’esclusiva peculiarità dell’immagine corrente degli ebrei, e che chiamerei “collocazione metastorica”. Tutti sanno, confusamente, che gli ebrei ci sono sempre stati (c’erano prima di Gesù, prima di Mosè…), che ci sono ancora e che, sicuramente, ci saranno sempre. Se sono sopravvissuti alla Shoah, vuol dire che devono certamente essere indistruttibili. E vuol dire anche che in loro c’è qualcosa di eterno, di trascendente, di metatemporale. Da questo punto di vista, la percezione che il popolino ha dell’ebraismo ha qualcosa in comune con le profonde considerazioni di Franz Rosenzweig sul destino metastorico del popolo ebraico, che abbiamo già ricordato, recentemente, su queste stesse pagine. La gente sente che negli ebrei vive qualcosa di arcano, di misterioso, di divino. Non si sa cosa sia, ma c’è. C’è, nella percezione comune dell’ebraismo, un qualcosa di religioso, di teologico. Gli ebrei sono percepiti come vicini a Dio. E questa non è sempre vista come una buona cosa. Molti non sanno se Dio esiste, ma sono comunque certi che, se le cose vanno loro male, è colpa sua. Tanti, se incontrassero Dio per strada, non si inginocchierebbero, ma scaricherebbero su di lui la loro rabbia, il loro livore, la loro frustrazione.
Francesco Lucrezi, storico
(20 novembre2013)